La personalità dell’Imperatore Costantino non ha davvero bisogno di presentazioni, tutti lo ricorderemo per essere il primo Imperatore cristiano e per il famosissimo “Editto di Milano” (313 d.C) con cui alla popolazione dell’Impero, allora diviso in due parti e controllato da due Augusti (Costantino e Licinio), fu concessa la libertà di professare qualunque religione.
In realtà quando parliamo di Imperatori di quasi duemila anni fa, non dobbiamo cedere alla tentazione di credere che questi sostenessero davvero delle cause liberali. Il concetto di libertà di culto, come lo intendiamo noi oggi (e in certi casi ancora poco condiviso), proviene da un passato storico fatto di guerre di religione e scontri culturali successivi all’epoca di cui stiamo parlando.
Quello che spinge Costantino, a firmare un patto come quello di Milano (anche se gli storici attualmente non hanno trovato ancora testimonianze reali alla scritturazione del patto da parte di Costantino se non alcune firme di Licinio), sono motivazioni principalmente di carattere politico e strategico.
Costantino sale al potere con la forza, con l’esercito e senza il supporto del popolo; per ottenerlo, ha bisogno di un escamotage e i cristiani per lui sono questo. Perseguitati fino al 310 d.C circa, questi diventano suoi fedeli sostenitori (lo si capisce anche dal successivo cambio di rotta politico con la proclamazione della religione cristiana come ufficiale dell’Impero).
Da questo momento in poi, la Chiesa diventa per Costantino fonte di successo, notorietà e potere: con la “Donazione di Costantino” del 315 d.C. l’Imperatore dona al Vescovo di Roma Silvestro I la supremazia del potere papale su quello imperiale e la supremazia su qualunque altro vescovo dell’Impero, facendo nascere così l’importanza politica del titolo papale.
Nel frattempo Costantino, da bravo stratega, si mostra profondamente legato ai principi culturali romani classici (lo riscontriamo nell’arte), mentre strizza l’occhio all’Oriente, da cui proviene la sua nuova religione, punto strategico per la ricchezza commerciale e il controllo dei territori. Poco dopo fonderà Costantinopoli nel 330 d.C. e la nominerà capitale dell’Impero.
Tutto questo ebbe conseguenze sull’architettura e scultura romana?
Per molto tempo, i critici e gli studiosi dell’arte di questo periodo storico definirono questi anni come gli “Anni della decadenza”, come testimoniato dal dipinto del 1847 di Thomas Couture. I romani sono raffigurati come un popolo dedito all’Otio e al vizio, che ormai ha dimenticato gli antichi valori del Mos Maiorum romano. Una decadenza morale, politica e sociale quindi, che caratterizza anche la scena artistica, con il progressivo abbandono della forma classica e naturalistica greca verso un utilizzo più simbolico delle figure.
Se è vero che ogni arte merita di essere analizzata in quanto espressione di contenuti storici (Alois Riegl), quella costantiniana è sicuramente tra le più affascinanti in quanto generatrice di nuove forme architettoniche e nuove modalità espressive. In questi anni si gettano le basi per l’architettura ecclesiastica, con la costruzione delle principali basiliche romane, mausolei, battisteri e si costruiscono monumenti pubblici passati alla storia per la loro importanza, come l’Arco di Costantino. Proprio quest’ultimo analizziamo nel dettaglio.
L’arco di Costantino
Questo monumento è considerato l’opera di passaggio tra arte antica e arte medievale. Categorizzare le opere, però, non è una cosa che mi piace fare particolarmente, dobbiamo tenere presente che sono delle convenzioni più utili ai fini dello studio e apprendimento della materia, piuttosto che reali differenziazioni storiche. Tuttavia, possiamo interrogarci sul perché sia stato scelto proprio questo monumento, come simbolo del passaggio da una cultura a un’altra, nonostante convenzionalmente la storia medievale inizia ben più tardi: nel 476 d.C. (con la caduta dell’Impero romano d’Occidente).
L’opera fu costruita in occasione dei dieci anni di Impero di Costantino, ricordando la vittoria di questo su Massenzio nella Battaglia di Ponte Milvio. Quest’opera è il risultato di un vero e proprio assemblaggio di pezzi scultorei appartenenti ad epoche diverse: statue e rilievi traianei (98-117 d.C.), rilievi di età adrianea (117-138 d.C.) e dell’epoca di Marco Aurelio Imperatore (161-180 d.C). L’arco di Costantino è, in questo, precursore di una pratica che caratterizza il Medioevo a Roma: il riuso del materiale antico.
So cosa starete pensando, “nel medioevo non c’era più materiale a sufficienza per costruire e quindi riciclavano quello antico”, niente di più sbagliato! Nel medioevo si sceglie di reimpiegare materiale antico, per avvalorare la nuova opera con antichi valori e significati. Non a caso, i pezzi scelti nell’Arco appartengono ad epoche profondamente significative per la storia di Roma, caratterizzate da personalità politiche care al popolo romano. Ci troviamo nuovamente di fronte ad una mossa strategica di Costantino, che vuole confortare il popolo, dopo aver sostanzialmente deciso di cambiare religione per la prima volta nella storia della città e dell’Impero.
I rilievi
Nell’arco convivono rilievi di epoche diverse e, proprio in questa sua caratteristica, è possibile apprezzare meglio le differenze stilistiche tra quelli antichi e quelli costantiniani:
- Dimensione simbolica dei personaggi che rispetta un ordine gerarchico: per es. nella scena dell’Adlocutio (“discorso alle truppe”), l’Imperatore Costantino è raffigurato in dimensioni maggiori rispetto al resto dei personaggi;
- Rigida frontalità delle figure;
- Uso della “Prospettiva Ribaltata“: determina un’allineamento di figure ed elementi architettonici (sullo sfondo) su un’unica superficie.
- Uso del trapano che accentua la scansione delle figure;
- Comprensione immediata ma meno colta, a discapito del naturalismo classico.
Si tratta davvero di “decadenza”?
Per molti anni si è pensato di si, oggi sappiamo che molte caratteristiche di quest’arte erano già ben presenti nell’arte romana, non certo quella colta e in vista, quanto piuttosto in quella detta “plebea” (Ranuccio Bianchi Bandinelli). Si parla di linguaggio e di quello che oggi chiamiamo “Target”. A chi doveva comunicare quest’opera? Costantino aveva bisogno del sostegno dei coloni, dei mercanti, dei soldati delle province e sui monumenti ufficiali è proprio la loro arte ad affermarsi.
A presto cari lettori!
Eleonora Turli
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