Diretta e limpida, mai scontata, in grado di riassumere il suo punto di vista con costanza lucida e sempre con la stessa forza di “sfondamento”, lasciando i suoi interlocutori inerpicarsi lungo strade irte e pericolosissime. Michela Murgia non era una qualunque, era una che si prendeva cura dei suoi lettori dando loro molteplici spunti di riflessione, che sedimentava i suoi pensieri e puntellava con quella raffinatissima ironia il mondo che viviamo. Era l’alfa e l’omega, critica e sarcastica, o con me o contro di me.
Coraggiosa e tempestosa, determinata e istintiva, Michela Murgia era irrefrenabile, per nulla di mezze misure, era o tutto o niente. Nella sua urgenza di condivisione ci ha mostrano un’umanità irriverente e una personalità ribelle, un animo da sognatrice disobbediente dalla cultura esagerata. La “scrittrice dei diritti” l’hanno ribattezzata nel mondo, riconoscendo in lei la voce libera e necessaria del dissenso politico e delle minoranze in senso lato.
Di fronte all’evidenza del cambiamento drastico ha dato forma alla prospettiva rivoluzionaria da cui guardava a una malattia incurabile e alla costante ricerca di equilibri emotivi alternativi, mentre fuori c’era un’affollata danza di detrattori che pensavano d’infastidirla, ma lei non li vedeva mica, ormai aveva “sviluppato una felice cecità selettiva” lasciandoli lì, a fare a gara a chi sparla o la spara più forte.
Mi mancherà sapere cosa ne pensava. Mi mancheranno i suoi interventi dove salvava se stessa e gli altri, compreso chi non voleva essere salvato. Eppure mica lo sapevo che il suo parere era imprescindibile. L’ho capito solo quel giorno di maggio, quando la sua voce si sarebbe spenta a breve. Ci aveva avvisati tutti. Ci aveva dato tempo per elaborare un lutto che sarebbe arrivato, ma siamo stati impreparati, travolti. Tipo come quando se ne va una persona di famiglia.
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