Venezia è un’affascinante reliquia che affonda lentamente in mare come la mente di Poirot in assenza di casi nel nuovo film diretto ed interpretato da Kenneth Branagh, Assassinio a Venezia (A Haunting in Venice).
Assassinio a Venezia: la trama
Non possiamo nasconderci dai nostri fantasmi, possiamo solo evitare di combatterli e continuare a vivere in qualche modo.
– Hercule Poirot
Venezia, 1947. Hercule Poirot si è ormai ritirato dalle scene (del crimine) e si rifiuta di aiutare la sfilza di questuanti che ogni giorno lo aspetta alla sua porta, tanto da aver persino assunto una guardia del corpo.
La filosofia del dolce far niente che ha deciso di mettere in pratica viene però interrotta alla vigilia di Ognissanti quando un’amica di vecchia data, Ariadne Oliver, lo invita ad assistere ad una seduta spiritica. Per Poirot, che non crede ai sensitivi e che anzi considera “opportunisti che sfruttano chi è vulnerabile”, smascherare la truffa è fin troppo facile così accetta l’invito, seppur con riluttanza, ma quando uno degli ospiti viene assassinato, il detective si ritrova alle prese con un omicidio impossibile. Sembra infatti che i vivi siano stati uccisi dai morti.
Mentre Assassinio sull’Orient Express e Assassinio sul Nilo avevano a che fare con il desiderio di vendetta e con l’elaborazione di un lutto, Assassinio a Venezia si domanda se ci sia qualcosa oltre a noi, che sia un fantasma oppure un Dio. Infatti, concluso il film e svelato il colpevole, nonostante l’assassino sia una persona in carne ed ossa, allo spettatore (e a Poirot) resta il dubbio sull’esistenza del soprannaturale e sulla sua reale influenza.
Tre vittime, sei sospettati, un solo colpevole
A Venezia si dice che ogni casa sia stregata o maledetta. Non fa eccezione il palazzo in cui si ritrovano sei persone, chi per caso chi per scelta, per assistere ad una seduta spiritica nella notte più inquietante e avvincente dell’anno: quella di Halloween.
L’incontro è stato organizzato da Rowena Drake, un’affascinante diva dell’Opera finita in tragedia, che spera di mettersi in contatto con lo spirito di sua figlia Alicia, suicidatasi dopo una lunga malattia. Oltre a Poirot e Ariadne Oliver, alla seduta tenuta da Joyce Reynolds, medium molto richiesta e rinomata in tutto il mondo, partecipano anche i suoi assistenti Nicholas e Desdemona Holland, il dr. Leslie Ferrier, medico di famiglia dei Drake, e suo figlio Leopold, l’ex fidanzato di Alicia, Maxime Gerard, la fedele governante Olga Seminoff, un’ex suora che nutriva un sincero affetto per Alicia e il bodyguard di Poirot.
C’è un filo invisibile che lega gli ospiti alla scomparsa di Alicia e, nonostante il suo talento naturale per la deduzione, Poirot dovrà mettere in discussione tutto ciò in cui crede per trovare il colpevole e risolvere un caso in cui il confine tra reale e sovrannaturale sembrerebbe essere più sottile del solito.
Assassinio a Venezia smentisce la credenza popolare secondo la quale la sola presenza di volti noti nel cast faccia sì che un film, nonostante non sia un capolavoro,
Il cast stellare, infatti, rispetto agli altri film, è un po’ meno stellare. Tra Camille Cottin, Emma Laird, Kyle Allen, Jude Hill, Ali Khan e Kelly Reilly, gli unici nomi importanti sono quelli di Tina Fey, che porta una ventata di leggerezza, Michelle Yeoh, che si sta godendo il suo momento di gloria dopo il trionfo agli Oscar 2023, e Jamie Dornan, che continua a migliorare sempre di più man mano che si allontana da Cinquanta sfumature di grigio. E non dimentichiamoci di Riccardo Scamarcio, unico portabandiera dell’Italia in una produzione internazionale che, nome inverosimile a parte, ha dato prova di sé con un’interpretazione credibile e intensa.
Quindi, se da un lato non ci sono più attori del calibro di Johnny Depp e Gal Gadot, dall’altro questo ha sicuramente giovato al casting. Tutti i personaggi hanno avuto modo di raccontare la propria storia. Sono amori non corrisposti, paternità complicate, gelosie, lutti improvvisi. Sono storie di guerra, di soldati che non riescono a lasciarsi alle spalle gli orrori che hanno visto, di orfani in cerca di un posto sicuro dove ricominciare.
Lo stesso Poirot – sempre con la sua sottile vena di sarcasmo, la battuta pronta e il sorriso enigmatico – sembra aver perso da tempo la fede e la fiducia nel mondo.
Accoglierei a braccia aperte qualunque segno veritiero di un diavolo, un demone, un fantasma, poiché se esiste un fantasma esiste un’anima. E se esiste un’anima esiste un Dio che l’ha creata e se abbiamo un Dio allora abbiamo tutto, il che significa ordine, giustizia. Ma io ho visto troppe cose in questo mondo, milioni di crimini, due guerre, l’amara cattiveria dell’indifferenza umana e quindi concludo dicendo no. Nessun Dio, nessun fantasma.
Assassinio a Venezia vs Poirot e la strage degli innocenti
A differenza dei precedenti adattamenti cinematografici, Assassinio sull’Orient Express del 2017 e Assassinio sul Nilo del 2022, che erano piuttosto fedeli alla versione cartacea, Branagh, potendosi permettere di plasmare a suo piacimento uno dei romanzi meno noti della Christie, ha deciso di cambiare location e di stravolgere la trama: Assassinio a Venezia si ispira infatti a Hallowe’en Party, pubblicato in Italia nel 1970 con il titolo Poirot e la strage degli innocenti. Ma quali sono le differenze, più o meno evidenti, tra il libro e il film?
Oltre al titolo, ad essere diverso è anche lo spazio del racconto: la vicenda dalla campagna inglese si sposta nell’immediato dopoguerra. Per di più, nel libro, gli omicidi si consumano nei giardini e nei boschi mentre nel film tutto si svolge all’interno di un tipico palazzo veneziano presumibilmente infestato dai fantasmi.
A riunire i personaggi principali in un unico luogo (la circoscrizione è una delle costanti dei romanzi della Christie) non è una festa in maschera bensì una seduta spiritica tenuta da Joyce Reynolds e alla quale partecipa anche Poirot convinto da Ariadne Oliver con il pretesto di aiutarla ad indagare su un omicidio anche se nel film è vittima di una cospirazione orchestrata dalla stessa scrittrice e dalla sua guardia del corpo.
La medium ingaggiata da Rowena Drake, che nel libro è una ragazzina di appena 13 anni, sarebbe dovuta morire annegata in una vasca con le mele (così come accade nel libro) ma il tentativo fallisce per uno scambio di persona e rimane impalata su una statua. Il dottor Ferrier invece mentre nel romanzo viene pugnalato, nel film si suicida per proteggere suo figlio.
Infine, mentre nel film c’è soltanto un assassino tra i principali sospettati, nel romanzo vengono compiuti tanti omicidi da altrettanti assassini ed emergono anche altri crimini commessi dai presenti.
La trama, quindi, non può dirsi così intricata come in un romanzo della Christie eppure il film assume una certa personalità lasciando più spazio agli elementi che contribuiscono a suscitare una sensazione di costante incertezza, mistero, intrattenimento, suspense e teatralità: gli ambienti angusti, i rumori sinistri, le luci soffuse, l’intrigante colonna sonora di Hildur Guðnadóttir, già compositrice di Chernobyl e Joker.
Ed è così che Assassinio a Venezia, pur mantenendo lo spirito dell’originale, è diventato un thriller dalle tinte horror. L’unico genere che, insieme al biopic (quando si tratta di pellicole come Barbie e Oppenheimer), sembra non aver ancora perso il suo fascino.
Nonostante un paio di scelte stilistiche discutibili (ambientare la vicenda a Venezia non durante il periodo del Carnevale ma durante una poco realistica tempesta e distribuire il film a metà settembre piuttosto che ad Halloween), c’è ancora la più grande scrittrice di gialli di sempre, c’è sempre Michael Green, lo stesso sceneggiatore di Lanterna Verde e Blade Runner 2049, che ha già curato la sceneggiatura dei primi due capitoli della trilogia ma soprattutto c’è la città di luci e ombre a fare da sfondo con i suoi canali bui e l’architettura gotica che contribuiscono a evidenziare il tono cupo e sinistro adottato dal regista. Dopotutto una Venezia così – magnetica, tenebrosa, e seducente – al cinema non si era mai vista.
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