Il Cielo Brucia di Christian Petzold: recensione

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Il Cielo Brucia è il nuovo film di Christian Petzold, in uscita nelle sale italiane il 30 novembre 2023 per Wanted.

Due amici, Leon e Felix, sono in viaggio per la casa al mare sul Mar Baltico della famiglia di Felix. Ma la macchina, a pochi kilometri di distanza, si arresta. I due con valigie in spalla arrivano alla villetta dove trovano la casa vissuta da una ragazza: è Nadja, la nipote di una collega della madre di Felix, che sta temporaneamente lavorando come gelataia. Assieme a lei c’è anche Devid, il bagnino di zona. Nasce una convivenza che per il protagonista Leon è forzata. È scrittore ed è lì per sistemare il suo secondo romanzo in attesa dell’arrivo del suo editore. Scontroso, permaloso, burbero e infantile, Leon non riesce a lasciarsi andare con nessuno, neanche davanti al suo desiderio per Nadja. E il tutto avviene mentre a distanza le foreste bruciano e i mari si alzano.

Il film si incentra sul dramma di Leon che vive una forma di sociopatia e di repulsione verso tutte le persone che lo circondano perché disturbato dal suo lavoro. La gioia altrui non è la sua, lui vorrebbe riconciliarsi tramite la scrittura ma che è incapace di portare a termine per forti deficit di attenzione o delusioni personali. Viene messo così in risalto il valore dell’egoismo come auto-determinante ma al contempo auto-distruggente. L’Io di Leon è un riccio che non viene messo in relazione verso l’esterno ma solo verso se stesso.

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Il rumore di sottofondo ne Il Cielo Brucia sono, per l’appunto, le lontane foreste che bruciano. Ma questo non sembra colpire troppo gli abitanti della villa che vivono le loro giornate con relativa spensieratezza. Il bruciare diviene sinonimo dell’ultima estate: la terra brucia, il mare si alza, l’amore non si vede e chi lo fugge è Leon davanti a Katja. Il Cielo Brucia può quindi anche essere letto come un saggio sulla cecità e l’incoscienza davanti alle intemperie esterne e interne.

Il rimando cinematografico della terra che viene lontanamente minacciata da cause naturali è in Melancholia di Lars von Trier. In entrambi i casi viene messo un evento di forza maggiore come sfondo della storia. Petzold, come Trier, mantiene fisso lo sguardo sulle azioni e le emozioni che intercorrono tra le varie persone. E lascia sempre trapelare il loro rapporto con l’universo esterno che, inizialmente distaccato, diviene col trascorrere della storia sempre più incombente.

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Petzold però non ci fa nuotare in un mare di estremo dramma ma riesce sempre a smorzare i toni con comicità mai scontata. Leon, col suo fare serioso, diviene inconsapevolmente un personaggio grottesco del quale ridere. E così fanno i suoi amici ma soprattutto Nadja che non si lascia mai sfuggire risposte affettate.

I personaggi che abitano questo micro-universo sono pochi ma ben delineati. Felix (Langston Uibel), il proprietario di casa che ha invitato Leon, è un ragazzo che vive con leggerezza. Sta sviluppato un suo portfolio su foto del mare e quindi la sua occupazione quotidiana è di andare in spiaggia. Avrà poi un affaire con Devid (Enno Trebs) che è inizialmente l’amante di Nadja e, in questo ambiente libertino, tutto è piacevolmente concesso. Ma tutto ciò viene visto di mal occhio dal suo amico Leon che è invece troppo occupato a non concludere nulla da solo a casa. Proprio lui (Thomas Schubert) che si mostra ai nostri occhi come un essere negativo sotto tutti i punti di vista sociali. Si porta dietro tanti interrogativi che lasciano l’audience interdetto ma al contempo curioso. Lo scrutiamo dall’inizio alla fine sperando di cogliere qualche sfumatura positiva, ma queste non fanno che confermare ogni pregiudizio. È la stessa sensazione che vive Nadja (Paul Beer già protagonista in Undine di Petzold), ragazza di elevata cultura, che fa la gelataia in spiaggia come temporaneo lavoretto estivo. La sua performance forse è quella più degna di nota per la versatilità nel sapersi ambientare in ogni circostanza. È la fotografia di una società moderna e lei è fatta di sfaccettature che le permettono di risaltare a ogni confronto.

Il Cielo Brucia scorre senza particolari intoppi. Non cerca alcun tipo di virtuosismo narrativo o tecnico e si focalizza sui fili che collegano le persone. Petzold si interroga sulle loro ambizioni, i loro desideri, i loro conflitti interiori. Ciò che lascia impressionati è l’abilità del regista di riuscire a tenere l’audience attaccato allo schermo nonostante il protagonista sia insopportabile, e questo dona al film movimento, corpo e un’anima che attraggono.

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