Sex/Life, ovvero la fiera del ridicolo

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Sex/Life, serie di Stacy Rukeyser, è approdata su Netflix lo scorso 25 giugno con la sua prima stagione. La storia è un riadattamento di 44 Chapters About 4 Men di BB Easton, romanzo del 2016.

Prendete tutti i clichés possibili in ambito sentimentale, dal “sono cambiato” al “non sei tu, sono io”, e accozzateli in una serie dove gli unici momenti senza scene di sesso sono quelle dove si tengono dialoghi prefabbricati e scopiazzati dalle peggio soap opera: ecco a voi un’estrema sintesi di Sex/Life, ovvero il triangolo tra una ninfomane, uno psicopatico e il tizio più ingenuo del mondo.

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Moglie dell’affascinante Cooper (Mike Vogel) e madre di due bambini: Billie (Sarah Shahi) è una giovane donna che lavora come psicologa infantile in un asilo.

Non è il caso, tuttavia, di parlare di un quadretto familiare idillico; mentre Cooper è impegnato nella parte del marito troppo impegnato nel suo lavoro per pensare anche al sesso, Billie comincia a fantasticare sul suo acceso trascorso sessuale con il suo ex fidanzato, Brad (Adam Demos).

Billie raccoglie i suoi pensieri focosi e nostalgici in un documento Word incautamente non camuffato, salvato su un portatile lasciato spesso incustodito. Si ricorderà di mascherarlo con il nome di “ricette per il Ringraziamento” solo quando sarà troppo tardi; quando Cooper, scoperto il file in questione, decide di riconquistare precipitosamente l’attenzione di sua moglie.

I numerosi flashback ci rivelano qualcosa sul passato selvaggio di Billie, che rimpiange continuamente questa versione passata e, a sua detta, migliore di sé stessa. Prima di diventare mamma e moglie, lo stile di vita di Billie era selvaggio e avventuroso e tutto questo a lei manca, nonostante cerchi continuamente di convincersi che Cooper non le faccia mancare nulla.

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Billie Connelly è un’adolescente sotto mentite spoglie.

È difficile stare dalla parte di Billie e questo non deriva dal fatto che lei sia poco rispettosa nei confronti del marito. C’entra la sua forza di volontà, pari a quella di un bradipo dormiente; c’entra il suo oscillarsi fino alla fine tra una decisione e l’altra – e l’indecisione ci sta, abboniamole pure la possibilità di sbagliare come qualsiasi essere umano; il problema è che lei si smentisce da sola ogni volta, come se non avesse memoria di quanto afferma fino a cinque minuti prima.

Chiama la sua amica Sasha (Margaret Odette) e inizia la telefonata dicendo che le manca Brad, per poi concluderla consigliandole di iniziare a frequentarsi con lui. Come, scusa? Devo essermi persa il ragionamento secondo il quale far accoppiare la tua migliore amica con il tuo ex ragazzo sia un’idea capace di portare a qualcosa di buono.
  
Fino alla fine, inoltre, Billie si dimostra così priva di spessore che non si capisce cosa le manchi di Brad. Indubbiamente è ancora innamorata delle sue dimensioni, ma non è mai chiaro se con lui vuole solo compensare la mancanza di una vita sessuale frenetica oppure riprendere ufficialmente a frequentarlo. Solo nel finale sembra giungere ad una scelta definitiva ma, visto il personaggio, non le darei troppo affidamento.

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Non stupisce che Billie aspiri ancora a Brad, probabilmente ancora più lunatico e smidollato di lei.

Capace di professare i suoi sentimenti immortali a Billie per cacciarla via neanche dieci minuti dopo, Brad è la versione maschile della più patetica femme fatale; un modello annacquato del classico bad boy tanto amato dalle serie TV trash dei primi 2000.

Tanto bello quanto infantile e, soprattutto, noioso: l’immagine di lui che si presenta pentito sotto la finestra di lei per chiederle scusa dopo una sfuriata fa venir voglia non solo di abbandonare la visione della serie, ma di cancellare direttamente il proprio abbonamento a Netflix.

Il fascino di Cooper, invece, nasconde non poca demenzialità.

La sua ingenuità fa sorridere spesso, soprattutto nei goffi tentativi che fa all’inizio di ricopiare gli approcci bohème di Brad. Come si fa a prendere sul serio una persona che segue l’ex-fidanzato di sua moglie fin dentro le docce di una palestra? O che rischia un rapporto lavorativo per copulare con Billie nella piscina di un suo cliente?

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Sex/Life assume che i suoi spettatori abbiano problemi di comprensione.
In caso contrario, rinuncio a cercare di spiegare come mai i dialoghi sono talmente elementari e dai risvolti prevedibili che sembrano scritti per ragazzini delle medie.

Più di una volta – ma anche più di due, tre, forse quattro – ho azzeccato quello che il personaggio in questione stava per dire. Allo spettatore viene imboccata ogni singola informazione; Billie traccia quadretti dettagliati delle sue emozioni, trattando qualsiasi suo interlocutore come un diario segreto. Quando non parla, a spiegare il contenuto dei suoi pensieri intervengono flashback dal contenuto esasperatamente erotico che inscenano i suoi sogni ad occhi aperti, dettati da una libido pari a quella di cinque persone.

Tutto è la scopiazzatura di qualcos’altro.

Era accettabile, l’input di Sex/Life: non brillava per originalità, l’idea di una serie su una donna dalla vita stabile che rimpiange il suo passato selvaggio, ma era eventualmente salvabile con personaggi costruiti adeguatamente e un po’ di sagacia in più nel resto della scrittura.

E invece no. Di nuovo l’immagine del bello e dannato dalla vita bohème, di nuovo la figura della donna che rimpiange di aver sacrificato la propria vita per la famiglia, di nuovo dialoghi patetici fatti da frasucce sentimentalistiche riciclate in chissà quante altre produzioni simili.

Se pensavate che con robaccia simil-After si fosse toccato il fondo, Sex/Life vi dimostra sfacciatamente il contrario.

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2 commenti su “Sex/Life, ovvero la fiera del ridicolo”

  1. Mi dispiace contraddirti ma si presenta al secondo posto nella Top Netflix.Ovviamente molti lo hanno visto e ci sarà pure la seconda stagione. Un telefilm che sembrava un brutto anatroccolo si è rilevato un cigno.
    Alla fine devi leggere tra le righe.La vita di una donna-moglie-madre non è tutta rose.Ci sono tante cose e soprattutto il sesso che quando manca ti fa desiderare -fantasticare e perché no provare altre cose; ben venga un punto di vista femminile.
    Distinti saluti.

    • Ciao, Gabriela. Il fatto che Sex/Life si trovi tra i primi posti in classifica su Netflix onestamente non mi dice nulla perché non credo sia la quantità degli spettatori a determinare la qualità di una serie, ma molti altri elementi da cui Sex/Life si tiene lontana. Come dicevo nelle ultime righe della recensione io non condanno il tema della donna col matrimonio in crisi che fantastica sul suo ex, ma il modo superficiale e sensazionalistico – demenziale, in molti punti – con cui sono costruiti personaggi e situazioni.

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