Animali Fantastici e dove trovarli: i Segreti di Silente è il terzo capitolo del nuovo franchise ambientato nel mondo magico creato da J. K. Rowling, stavolta incentrato sullo scontro fra Albus Silente/Dumbledore e la sua nemesi Gellert Grindelwald.
Siamo giunti oramai a quota tre pellicole – o meglio, megaproduzioni – del franchising, spin-off del ben piu’ noto Harry Potter, di Animali Fantastici e dove trovarli. Tre film da piu’ di due ore l’uno, oltre sei ore di prodotto finale, un cast d’ensemble – Eddie Redmayne, Johnny Depp, Colin Farrell, Ezra Miller, Katherin Watherstone e molti altri – e una sceneggiatura firmata da lei, la maga per eccellenza: J. K. Rowling.
La Rowling, recentemente entrata nell’occhio del ciclone per le sue posizioni transfobiche, ha stentato a ritrovare il successo conseguito con la saga di Harry Potter (la tentazione di dire “maghetto” è stata altissima). La scrittrice inglese, infatti, ha cercato di lanciarsi nel poliziesco, sotto pseudonimo Robert Galbraith, genuinamente cercando di far notare le proprie doti di narratrice al di là dell’etichetta fantasy affibbiatale: le recensioni dell’esordio Il Nido del Cuculo furono, peraltro, perlopiu’ positive.
Ma certe vacche vanno spremute fino alla fine. E nell’era dei reboot, degli spinoff, delle fanfiction, delle retcon, era arrivato il momento di poter narrare una storia diversa, piu’ adulta, per certi versi, ambientata fuori dalle mura stregate di Hogwarts: poter dare allo spettatore, finalmente, l’opportunità di esplorare il contrasto/convivenza fra il mondo non magico e quello che governa le fila del mondo, da dentro edifici celati alla vista altrui; di scoprire il razzismo dei maghi stessi verso i non maghi; di calarsi nei panni di un ambientalista – il nostro eroe, Newt Scamander – in un’epoca in cui le magnifiche sorti e progressive avevano contaminato anche il mondo magico; e di vedere come l’abbandono, lo stigma della malattia mentale, le disfunzionalità di una famiglia, fossero le stesse da entrambi i lati dell’universo conoscibile.
Il sugo del bel polpettone ben rosolato cui la Rowling nel primo film ci lasciò cadere, Animali Fantastici e dove trovarli (2016), era piuttosto saporito.
Caldo, gustoso, cucinato con maestria: intelligente. Eddie Redmayne interpreta con naturalezza non macchiettistica un ricercatore di animali fantastici, un ecologista antesignano, un antirazzista, che si muove in una New York oscura, purulenta di discriminazione ambedue le parti, fautrice di una ridicola apartheid fra no-mag (mentre, piu’ benignamente, in UK i non magici vengono chiamati muggles/babbani) e magici. Il suo intervento, fatto di snasi, comprensione, e conoscenza, non smuoverà molto gli animi, ma forse getterà le basi per una convivenza futura piu’ rosea. Personaggi centrali e meglio riusciti dell’intera saga sono il no-mag e pasticcere Jacob Kowalski (Dan Fogler) e Credence (Ezra Miller): il primo, ritrovatosi in un mondo che non gli appartiene per caso, ma dotato d’un cuore puro; il secondo, una vittima degli eventi, un ragazzo fatto impazzire da una madre adottiva crudele e manipolatrice – una figura tragica, figlia di tante altre storie narrate dai fratelli Grimm. Il film ricevette ottime critiche, vincendo peraltro un Oscar per i costumi di Coleen Atwood, che riprenderà il suo ruolo nella produzione per i successivi due capitoli.
Il secondo capitolo, I Crimini di Grindelwald, ha come fulcro, al contrario, la figura di Gellert Grindelwald, ultimo capo carismatico malefico precedente agli eventi legati a Lord Voldemort e da quest’ultimo preso come modello. Grindewald, interpretato da Johnny Depp – che perdette il ruolo in seguito agli eventi che portarono al processo di Amber Heard – è catalizzatore di strumentalizzazione, manipolazione, raggiro: convince Credence di essere il fratello perduto di Silente – volgare adoratore del bene – e Queenie Goldstein di poterle permettere di sposare il suo amato Jacob. La trama del secondo capitolo ha un andamento confuso, mettendo, in questo arrosto, un eccessivo quantitativo di tagli di carni differenti: è una carbonara con salsiccia, guanciale, e perché no, spezzatino. Manca dell’eleganza psicologica del primo capitolo e imprime nella memoria dello spettatore solo la dolcezza dello snaso. Il bel Jude Law interpreta un giovane Albus Dumbledore/Silente, la cui influenza sugli avviluppamenti dell’intreccio finale è la stessa di Indiana Jones in Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta: nulla.
A distanza di molti anni, oramai nel 2022, si è al terzo capitolo. È tempo di esplorare, con Animali Fantastici e Dove Trovarli: i Segreti di Silente, svariati temi piuttosto pruriginosi e scottanti: l’omosessualità di Grindelwald e Silente, l’identità dei genitori del potente, maledetto, obscurus di Credence, l’avvento del Nazismo, e la primitiva, antidemocratica, modalità di elezione del “capo supremo” del mondo magico. Quest’ultima, affidata alla scelta di una bestiolina magica predittrice del futuro, un qilin. L’arcicattivo è stavolta interpretato da un eccellente, divino, magnifico, Mads Mikkelsen, che unisce carisma, fisicità, e drammaticità ad un personaggio altrimenti piatto – nonostante le premesse seminate durante la saga di Harry Potter.
I segreti di Silente è forse il primo blockbuster che si lancia senza indugi, come un dato di fatto, in un amore omosessuale.
La relazione, e il patto di sangue, fra Silente e Grindelwald è esplicitato senza tanti giri di parole: lo screentime condiviso di Law e Mikkelsen è probabilmente ridotto a una decina di minuti, ma nella regia descrittiva e eccessiva in esplosioni là Michael Bay, il lavoro di due fuoriclasse risulta essere il lato migliore dell’intera pellicola.
Questo ci riporta ad un tema piu’ scottante. Animali Fantastici e dove Trovarli: i Segreti di Silente è forse il primo blockbuster a portare sul grande schermo un amore omosessuale e basare su di esso la propria trama. Esso è fonte di dolore per almeno uno dei due amanti, è causa, a cascata, di eventi irreparabili. Tale amore, così tormentato, eppure appena accennato – non c’è traccia di un abbraccio, di un bacio, di un flashback, di un ricordo piacevole – è l’unico, minuscolo, appiglio, che tiene in piedi l’intero ingarbugliato, ridondante, intrico di nodi quale è la sceneggiatura firmata da J. K. Rowling in persona: non c’è nulla oltre ad esso. Non c’è Newt, con le sue frasette mormorate a mezza bocca e i rari momenti comici ad egli delegati; non basta l’umano-troppo-umano Jacob e la sua brama disperata per Queenie; la personale tragedia di Credence passa in secondo piano, relegata ad un inciso di cinema horror indipendente all’interno di un blockbuster – un notturno di Chopin in un album di Kanye West.
La relazione fra il sensuale Silente e il ferino Grindelwald è lasciata, fin troppo, ai confini della “bromance”: “I was in love with you” – troppo, troppo ambiguo. Può significare voler bene, provare affetto, senza una specifica accezione romantica. Romantica in senso occidentale, quel sentimento di gioia, dolore, disperazione, e di nuovo gioia che caratterizza l’intera cultura del Mediterraneo dagli Egizi in poi. Questo, ne I Segreti di Silente, non c’è. Un film basato su un amore gay che abbastanza gay non è affatto. Di quello che viene lasciato intendere essere un devastante amore giovanile unica testimonianza è un gioiello impalpabile legato eternamente al polso di entrambi – tanto facile da rompere, infine, nel film.
Una pessima scrittura dunque, quella de I Segreti di Silente, perché nulla di segreto è rivelato: di cosa si sta parlando? Del suo amore per Grindelwald? Neppure lui stesso se ne vergogna, per ciò che Gellert sia diventato, e lo ammette con candore a Newt, incarnazione di tutti i teenager presenti in sala. Nessuno si sbalordisce, nessuno si sconvolge. Acqua ne è passata sotto ai ponti dal 2007, anno in cui J. K. Rowling annunciò l’omosessualità di Silente e la sua relazione col magico wannabe dittatore. I matrimoni omosessuali, o quantomeno le “unioni civili”, parvenza di matrimonio, sono realtà in quasi tutta Europa e in quasi tutti gli stati d’America. Cosa resta, dunque?
Il pubblico cinese.
La pruriginosa censura cinese, che avrebbe dovuto, se si fosse spinto sull’acceleratore color arcobaleno, tagliare una gran parte del film. E noi non vogliamo, no. Davide Yates non poteva volerlo. I produttori, i testoni della Warner Bros non volevano vedere sfettucciato il loro lavorone di esplosioni, animaletti pucciosi, valori universali tanto attentamente scritto per I Segreti di Silente.
L’occasione, dunque, di sdoganare per sempre alcuni preconcetti, di raccontare un amore omosessuale per ciò che è – né piu’ né meno di uno fra due esseri con genitali differenti –, in un blockbuster, è stata perduta. È stata presa a pretesto, lasciata in mano a due attori magistrali ma incapaci di miracoli, ad ora.
La pietra tombale sul franchise di Animali Fantastici, l’ultimo chiodo sulla bara di Voldemort.
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