“E di colpo venne il mese di Febbraio”
La grande interprete dalla canzone italiana si è spenta all’età di 81 anni. Milva, pseudonimo di Maria Ilva Biolcati, era soprannominata “La Pantera di Goro”, nome preso dalla città natale.
La rossa della musica italiana è stata una grande protagonista dei palcoscenici nazionali e internazionali. Da anni aveva salutato le scene, dopo che nel 2010 aveva pubblicato il terzo album scritto e prodotto per lei da Franco Battiato, intitolato “Non conosco nessun Patrizio”. Infatti, Milva, in quell’occasione aveva annunciato il suo addio dopo oltre 50 anni di onorata carriera, realizzando oltre 100 dischi, effettuando migliaia tra recital e concerti e, soprattutto, legando il suo nome al meglio della tradizione della “canzone impegnata”.
Una diva ribelle, capace di cantare stabilmente in italiano, tedesco, inglese, francese e giapponese, ma anche in spagnolo, turco, greco antico e moderno, babilonese, visigoto e chi più ne ha più ne metta. In pratica, Milva ha cantato tutto e ovunque, perfino in Amazzonia, nella giungla, per dire.
Ma oggi, per ricordarla, voglio parlare, forse, della sua canzone che più la rappresenta, a mio avviso.
Un brano che è entrato nell’immaginario comune, capace di raccontare la Berlino rarefatta e squarciata in due da un Muro asfissiante. Perché Alexanderplatz è un piccolo gioiellino della musica italiana, contenuta nell’album Milva e dintorni. Si tratta di uno dei brani più celebri dell’artista, cantato in più lingue, come era abituata fare, e riproposto in numerosi album e raccolte discografiche.
Scritto da Franco Battiato e Giusto Pio per la voce di Milva, la canzone nacque come riadattamento di un altro brano musicale, Valery, inciso da Alfredo Cohen nel 1978. Ma, nel 1982, le cose erano diverse, Battiato decise di riprendere qual brano e riscrivere il testo ispirandosi alla Alexanderplatz, importante piazza di Berlino Est, città ai tempi ancora divisa dal muro, trasformando, di fatto, la canzone: dal ritratto di una ragazza alla riflessione socio-politica di una città in ginocchio dalla “guerra fredda”.
«Quando visitai Berlino Est rimasi affascinato dalla mancanza di pubblicità. Non c’era un manifesto in giro! Mi dava un grande senso di pulizia e serietà. Nello stesso tempo ero impressionato dalla tristezza della gente e dal grigiore sociale. Dovendo scrivere la canzone pilota del disco di Milva, pensai subito a Alexander Platz. Milva, per un certo periodo, è stata un’artista più tedesca che italiana in quanto a popolarità… La immaginai a Berlino Est: un’italiana che lavorava a Berlino Est e che non riusciva ad accettare l’idea del muro. Desiderava fuggire verso una vita diversa»
Milva racconta la Berlino Est con un’interpretazione che racchiude tutta la drammaticità e l’intensità di quel periodo storico, diventando, di fatto, il suo vero e proprio “cavallo di battaglia”.
Alexanderplatz ci racconta la quotidianità e quello spaccato di vita prima della notte del 9 novembre 1989. A Berlino Est fa freddo, è febbraio e il paesaggio è completamente imbiancato. La situazione è difficile, e ad accorgersene è una bidella: “ti vedo stanca hai le borse sotto gli occhi come ti trovi a Berlino Est?”.
La libertà di Berlino Ovest ormai è un ricordo e una volta finiti quei passi lungo il Muro in cui si dirige verso la frontiera, resta “in disparte come vera principessa, prigioniera del suo film, che aspetta all’angolo come Marlene”, dove l’unica via d’uscita è la musica classica: “Ti piace Schubert?”.
Buon viaggio, Milva.
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