Drif, Heilung: recensione

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Drif è il quarto album degli Heilung, band cerimoniale e sperimentale composta da Maria Franz, Kai Uwe Faust, e Christopher Juul, attualmente sotto contratto con la Seasons of Mist. Anticipato da Anoana, Drif è un compendio delle radici indoeuropee e sincretiche della civiltà occidentale.

S A T O R

A R E P O

T E N E T

O P E R A

R O T A S

Un antico divertissment romano è divenuto fulcro del nuovo album dei nordici Heilung, healing in inglese moderno: una band che è concepita per essere fonte di delizia, guarigione, rilassamento; una cerimonia di magia buona, antica, dimenticata, ma pur sempre potente. Se nel precedente Futha il lavoro dai nordici era sostanzialmente legato al mondo nordico nell’età del Ferro, stavolta, con Drif, la materia si sposta verso lidi piu’ caldi: siamo a Roma, parliamo latino. Laddove radici nordiche venivano riscoperte, con Drif si indaga ancor piu’ a fondo, ancora piu’ indietro nel tempo – in un continuum che si protrae fino ad ora – scivolando fino alle radici proto-indoeuropee delle nostre civiltà del vecchio mondo, e soprattutto, delle nostre lingue, tutte terribilmente simili e tutte diverse. Infine, Drif trasporta l’ascoltatore all’interno delle cave e dimenticate radici della civiltà tutta: la Mezzaluna Fertile dell’età del Bronzo. Un’epoca finora silenziosa, mai musicata.

Ogni tipo di connessione con il cristianesimo è lasciata da parte. Con gli Heilung si entra in un mondo antico, fatto di religioni e culti concreti, tangibili – in un’era in cui era possibile camminare con gli dei – , orgiastici, violenti, passionali. Ci si copre di polvere e di sangue, si danza attorno al fuoco, si ammira la bellezza feroce della natura nordica. Antichi monili romani, arrivati così a nord per puro caso, divengono oggetti totemici; memorie di epoche prospere, mille nomi dimenticati di divinità nascoste dalla sabbia.

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Drif si apre con Asja, da cui si nota subito l’attenzione estrema al mixaggio e alla qualità della registrazione; si distingue il suono morbido ed umido delle dita sulla membrana del piccolo timpano, ogni respiro virile del vocalist – che, anche stavolta, canta di gola -, ritmato da un cuore aritmico. È, liricamente, un brano vicino a quanto già proposto dagli Heilung: vengono citati brani della Canzone di Harr, famosa composizione dell’Edda Poetica. Nello specifico, si parla d’amore: d’amore romantico, concetto sviluppatosi quali solo ed esclusivamente in Europa e nel bacino del Mediterraneo. Regole di buonsenso vengono applicate ad esso: pace, serenità, prosperità. Come in una piccola ed intima cerimonia, Maria Franz e Kai Uwe Faust discutono intorno alla materia principale e la sacralizzano – battiti di mani a sancire l’unione, anche carnale. Primo singolo di Drif, e, lasciatemelo dire, brano oggettivamente migliore, è Anoana: ritmato e catchy, assomiglia piu’ ai lavori dei Wardruna e di Myrkur piu’ che a quanto già proposto dagli Heilung; la linea vocale è sorretta da leggere percussioni e vibrafoni antichi che ne seguono l’armonia. Sebbene leggera e dolcissima, Anoana è una collezione di maledizioni: quelle monete d’oro romane divengono strumenti di potere magico – sillabe incomprensibili e misteriche, in cui il concreto e l’esoterico si mescolano tramite la connessione fra parola ed oggetto prezioso.

Tenet, musicalmente, è un compendio totale della musica, della filosofia, e della poetica degli Heilung. Come in una cerimonia misterica, bambini e adulti ripetono le parole – a loro incomprensibili – del quadrato di Sator, ritrovato per la prima volta ad Ercolano, post distruzione da parte del Vesuvio. Incredibilmente, tale inscrizione è stata scoperta anche ovunque in Scandinavia, fino al 19° secolo – una benedizione di guarigione e prosperità. Tenet degli Heilung è un viaggio attraverso l’Europa, che ha però dimenticato le sue radici comuni: un collage, che, sebbene registrato solo con strumenti acustici e voci, deve moltissimo alla moderna tecnologia che ha permesso, ancora, un mixing ed una qualità di registrazione eccellenti. La potenza espressiva del brano, di oltre tredici minuti, si deve alla ripetizione, al dubbing, alla creazione di cori dalla sola voce di Maria e di Kai, che, ancora, canta di gola; sul piano lirico, tale commistione fra antico e moderno, tale sincretismo, è proprio espresso dal quadrato di Sator: un’iscrizione latina, finita nel lontano Nord, associata, in una lingua sconosciuta, ad una religione alfine lontana ed aliena come il Cristianesimo, finita a mescolarsi con le divinità locali – mai, però, completamente dimenticate, lassu’ nel Nord. C’è stata un’epoca, in Europa, poco prima e dopo il crollo dell’Impero, in cui esistevano lingue “creole”: religioni sincretiche, come la moderna Santeria. A ciò Tenet si riferisce. Ed è veramente tanto lontano dal bad and spoiled english che parliamo giornalmente per comunicare fra Europei?

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Il brano Tenet stesso è un palindromo: in un complesso esercizio matematico, che trova i suoi illustri maestri in Lateralus, si svolge circolarmente, ritmicamente, seguendo un complesso frattale che poi, si rivela, infine, in un palindromo.

Rimaniamo nell’Impero Romano con Urbani, rumorosa marcia di legionari armati fino ai denti, sferraglianti di armature e gladii: inno virile cantato dai soldati raccontati da Cesare stesso nel commentario De Bello Gallico, immortalati nella colonna di Traiano, il cui canto è sorretto da un corno. Abbandonando per  un po’ il machismo romano, si torna nelle silenziose foreste germaniche con Keltentrauer, un poema in proto germanico di otto minuti, che narra di come i primi Celti furono impressionati da Romani: di tale terribile scontro di culture, un bagno di sangue emerge. Terribili canti in gaelico si odono in sottofondo, destinati al silenzio eterno.

Il viaggio di Drif continua con il suo sincretismo con Nesso, che, in italiano, sappiamo tutti cosa voglia dire: in un’inquietante e lentissima intro fatta di palpiti vocali e sussurri, scopriamo pian piano una cerimonia volta a guarire un cavallo, animale nobile, mentre la lira nordica, la jouhikko, gorgheggia. Mormorata in latino corrotto e in alto tedesco antico. Bontà, pace ed energia essudano da Nesso, assieme al sincero dolore di Maria; i tremendi mormorii maschili rappresentano i parassiti da cui il cavallo deve essere guarito. Le rune di Boslas Bann maledicono chiunque abbia inflitto dolore, contraltare al biancore di Nesso: abbiamo inquietante, spasmodico e parossistico canto di gola che ripete malefici runici, registrati in un deserto di lava islandese. Un luogo che dai romani non è mai stato raggiunto, e, perciò, vergine da tale contaminazione.

Drif, Heilung: recensione 1

La terza ed ultima parte di Drif ci trasporta nella Mezzaluna Fertile. Nikkal è un canto antichissimo in Ugarita, un dialetto sumero: tale inscrizione ritrovata ad Ugarit (in Siria) si riferisce presumibilmente sia all’accordatura della lira che alla linea vocale, ma gli Heilung hanno semplicemente fuso le due informazioni sonore assieme, onde evitare malinterpretazione dell’antichissima notazione musicale. Il risultato è sorprendente: il brano si muove su accordi maggiori, solenni ed illuminati: si canta di prosperità, di guarigione, di raccolti abbondanti, di ronzio di insetti impollinatori, e si avvicina in modo impressionante ad un canto gregoriano inneggiante a Cristo. Eppure, qui l’inno è ad Inanna, è alla latina Annona. In continuità con Nikkal, è l’oscura Marduk: Marduk era la divinità suprema del pantheon mesopotamico, i cui cinquanta nomi sono sussurrati ed inneggiati solamente su coppe di bronzo risonanti. Marduk, Zeus e Giove per Greci e Latini, che poi divenne Jahvè degli Ebrei attraverso i mille dei canaaniti; che poi divenne il Dio cristiano e islamico. E che, infine, si sovrappose ad Odino. Leggera ed ipnotica, Marduk conclude degnamente il viaggio iniziatico quale è Drif.

Con Drif gli Heilung hanno probabilmente raggiunto un nuovo livello per ciò che concerne la ricerca musicale: mescolando tecnologie moderne con un recupero quasi accademico dei suoni del passato, sono riusciti a costruire un viaggio sincretico fra il lontano nord e l’assolato sud d’Europa, la cui storia è interconnessa, simile, inscindibile. Come Rome prima di loro, gli Heilung con Drif hanno abbracciato un atto, infine, fortemente e chiaramente politico.

Essi verranno ricordati per la scientifica ricerca di radici comuni, di sentire antico, la creazione di un pantheon in cui tutti i popoli possano sentirsi uniti e fratelli. Musicalmente, Anoana, Nikkal e Tenet si ergono spanne sopra agli altri brani, e cattureranno l’ascoltatore come in un’antica litania, che sia cantata dalla sommità di uno ziqqurat o di una collina boscosa.

Giulia Della Pelle
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