“Nature’s Light” dei Blackmore’s Night: una recensione d’altra epoca

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Nature’s Light” è il dodicesimo album firmato dal gruppo di rock rinascimentale Blackmore’s Night. Un gruppo che, salvo i musici, circola attorno alle personalità ed alle capacità di Ritchie Blackmore (ex chitarrista di Deep Purple e Rainbow) e della moglie Candice Night (cantante e speaker radiofonica).

Le musiche e le atmosfere ricreate dalla band ricalcano dunque quelle del Medioevo e del Rinascimento passando per melodie folk, acustiche ed anche una spruzzatina di pop che non fa mai male.

Naturalmente, “Nature’s Light” non è da meno e, anzi, offre ben due dischi firmati da questi simpatici menestrelli. Il primo, quello che andremo a vedere, comprende i brani nuovi mentre il secondo prende il meglio della discografia già conosciuta.

Come dichiarato dalla stessa Candice Night,“la storia di “Nature’s Light” è la storia della natura come vera regina della semplicità, della magia e dei miracoli quotidiani che accadono proprio davanti ai tuoi occhi. Se ti senti statico o represso da ciò che ti circonda, è importante prenderti una pausa dal banale e andare dove il tuo cuore ti porta. Ti permette di ricaricarti e ricominciare con un’energia fresca e rinnovata. Per alcuni è l’oceano, per altri i boschi, per altri ancora il sole sul viso. La nostra musica è una fuga dallo stress e dalla pressione dei tempi moderni. Viaggia indietro nel tempo con noi, in un’epoca più semplice e magica dove la musica entra nel tuo cuore e nella tua anima”.

Bene, non ci resta dunque che capire se questa favella corrisponde al vero. Imbracciate il vostro liuto, sellate il cavallo e partite alla scoperta di “Nature’s Light” e dell’universo dei Blackmore’s Night.

Blackmore's Night Natures Light recensione

Once Upon December: damigelle e cavalieri, avvicinatevi, i bardi si apprestano a suonare le loro melodie! L’atmosfera è subito quella di una festa medievale, come testimoniano gli anni di attività della band, con flauti, percussioni e l’inconfondibile stile chitarristico di Blackmore.

Anche quando non tira fuori dalla custodia la sua fida Fender Stratocaster bianca, compagna sia nei Deep Purple che nei Rainbow, “limitandola” a qualche breve estratto verso la fine dei concerti. Qui la fine del brano, invece, vede Candice Night intenta in piccoli virtuosismi della voce per spianare la strada ai brani successivi.

Four Winds: strumenti a fiato e ritmi sostenuti danno il benvenuto agli ascoltatori in un’atmosfera sempre medievale, ma stavolta che sembra tingersi con colori più pop ed acustici.

Feather In The Wind: la ghironda suona imperterrita mentre, tutto attorno a sé, l’aria si scalda, i balli sono più frenetici, il violino sembra infiammare le sue stesse corde e le schitarrate acustiche sono più decise. Candice, dal “canto” suo, si scatena assieme alle coriste concedendosi anche dei momenti più intimi e, per certi versi, quasi eterei e sospesi.

Un risultato che ricorda molto quello delle serie televisive dei film o delle serie televisive fantasy di maggior successo senza nulla togliere ai videogiochi come, ad esempio, la saga di “The Witcher” o “Baldur’s Gate”.

Darker Shade Of Black: primo brano strumentale del disco che vede basso e tastiera stendere le prime, e curiosamente, malinconiche note. Il violino entra poco dopo accompagnato da percussioni quasi impercettibili che scandiscono il tempo mentre il vento delle voci, gli amanti del buon Ennio Morricone lo sanno bene, soffia sugli avventurieri Blackmore’s Night. La melodia, in generale, è più triste e stanca, quasi come a parlare di un cavaliere che, ormai stanco dopo anni di gesta eroiche e battaglie, decide di montare il suo destriero un’ultima volta verso la sua battaglia finale. A testimonianza di questo ci sono anche le tastiere che ricordano il Bach più inquietante e maestoso.

Verso la seconda metà del brano, però, un delicato intreccio di chitarra e clavicembalo sembra far capire che non tutto è perduto. A questo si somma poi la cara vecchia elettrica di un Blackmore particolarmente ispirato e melodico.

The Twisted Oak: stavolta si vira decisamente verso boschi e paesaggi bucolici, dimora di ninfe, folletti ed altre creature mistiche, dove perdersi in quel meraviglioso mistero che è la natura. Devo dire che il collegamento con il caro vecchio “The Legend of Zelda: Ocarina of Time” per Nintendo 64 è stato più che immediato visto che, nella mia mente, si è palesato il vecchio e saggio Albero Deku.

Esperienze videoludiche a parte, il ritmo di questa ballata è davvero intrigante e fa venir voglia di ascoltarla più e più volte mentre, in cuffie, si passeggia nei boschi sui monti che circondano casa mia.

Nature’s Light: title track che, accompagnata dal videoclip, dimostra subito un’aria da parata in pompa magna andando a mostrare come i Blackmore’s Night siano solo all’inizio del loro cammino verso le melodie perdute, e ritrovate, del Medioevo.

Der Letzte Musketier: si tratta del secondo strumentale che, tradotto dal tedesco, significa letteralmente “l’ultimo moschettiere” e corrisponde al teutonico titolo dato all’immortale opera di Edmond Rostand “Cyrano de Bergerac”. Un personaggio tanto caro anche al buon Francesco Guccini che l’ha citato all’interno del suo D’amore, di morte e di altre sciocchezze del 1996.

L’hammond scorre lento ed inesorabile, a qualcuno potrebbe ricordare la maestosa “Child In Time”, per poi abbandonare questa andatura ed assumerne una più sostenuta, elettrica, ma soprattutto progressiva. Fate un giro nella discografia di band come Yes (compresi gli sfarzi solisti di Rick Wakeman), Genesis, Gentle Giant e Caravan per farvi un’idea se non mi credete.

Wish You Were Here: riedizione del 2021 del brano, non dei Pink Floyd, contenuto nel disco “Shadow of the Moon” del 1997 e qui reso ancora più sofferto ed “ampio” in ogni sua sfaccettatura. Se avete gradito l’originale questo brano, allora, non può mancare alla vostra “collezione mnemonica”.

Going To The Faire: solo i primi secondi iniziali sono più che sufficienti a prendervi dalla sedia ed a trasportarvi immediatamente nel chiasso, nelle merci, negli odori e nella folla della fiera. Un brano più spensierato che fa quasi a pugni con il precedente, non male, altrimenti sapete che malinconia?

Second Element: la chitarra di Blackmore apre il brano in punta di piedi, quasi in sordina, sulle quali sembra danzare una Night particolarmente delicata e leggiadra. Una leggiadria che, nonostante si tinga con un minimo di pop, rende la canzone ancora più intrigante e coinvolgente.

Dopo un po’ il caro Blackmore, però, si scoccia dell’acustica e ritorna ad imbracciare l’elettrica andando a prediligere sempre un approccio melodico mentre i cori, in sottofondo, si arricchiscono di tantissime altre voci sia maschili e femminili. Un po’ come suonare un assolo in chiesa insomma! Degno finale per Nature’s Light , pur se meno medievale, di un album che risulta perfetto per aprire la stagione primaverile.

In conclusione posso dire che l’album mi è piaciuto molto e, per qualche minuto, mi ha fatto dimenticare DPCM, la zona arancione dove mi trovo e tutta una serie di “grane” che la vita non si fa mai mancare.

Lo consiglio in particolar modo, oltre agli amanti della band, a chi predilige le melodie perdute di un tempo, il lavoro del nostrano Angelo Branduardi, dei cari Simon & Garfunkel degli inizi e del compianto John Renbourn (incluso il periodo con i Pentangle).

Vanni Versini
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