Zeit, Rammstein: recensione

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Zeit è il nuovo album dei Rammstein, pubblicato il 29 aprile 2022 da Virgin/Universal ed anticipato dai singoli Zeit e Zick Zack.

Le foglie spuntano tenere dalle gemme, verde acceso e irreale; si dispiegano, morbido e frusciante tappeto sospeso da terra, gli elettroni saltellano nei loro fotocentri; le giornate si accorciano, il sole spende meno tempo alto nel cielo. Il verde viene sostituito da viola, rosso, marrone. E cade, quel tappeto, croccante, a terra.

L’avventura dei Rammstein è pluritrentennale, se si usa Crono, come dio di riferimento del tempo. Rotazioni intorno al sole. Molteplici album all’attivo, un’estetica che ha rivoluzionato il metal moderno; unica ed ultima band industrial capace di riempire gli stadi, di scatenare un tale hype attorno all’uscita del prossimo album.

Soli ed incontrastati nel panorama mainstream moderno, i tedeschi, mescolando Wagner, i Kraftwerk, l’onda British heavy metal, i movimenti espressionisti germanici del Secolo Breve, imbevendo il tutto di storia contemporanea, moderna, e provocazione, hanno alzato, lavoro dopo lavoro, l’asticella della qualità – almeno in termini di produzione. Il precedente album dei Rammstein, omonimo, è uscito nel 2019, anticipato da Deutschland, crudele ed amara satira dell’orgoglio tedesco; l’album segnò un shift verso sonorità piu’ morbide e molli, ma meno morbose che in capolavori come Reise, Reise e Sehnsucht. La musica si fa ampia, ariosa, enorme, grotta che è cassa di risonanza per il messaggio trasmesso.

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Zeit segue la stessa linea, ma il songwriting ricorda piu’ i lavori solisti di Till Lindemann, in cui la sua voce baritonale, teatrale, è protagonista – Skills in Pills, album targato F&M del 2015. Il gelido paesaggio dello Yukon in Zeit è, invece, una landa umana e mentale – quella disegnata dall’esercito dei tristi, il cui coro si leva alto. Zeit si apre con Armee der Tristen, una tipica heavy ballad industrial a là Rammstein anni ’90, dall’andamento però marziale; debitrice, dunque, alle sonorità neofolk dei Triarii. Che i disperati vengano a me:

Hand in Hand, nie mehr allein (Komm mit)

Hand in Hand, kein Weg zurück

Komm wir schließen unsre Reihen

Marschieren im Gleichschritt gegen Glück

La seconda traccia di Zeit è il singolo omonimo, un tremulo e fragile inno al tempo cairologico: Kairos, misconosciuto dio greco, colui che soggiace dietro ai momenti che tolgono il respiro – quelli che la mente umana è piu’ incline ad utilizzare per dividere il noioso, triste, tempo cronologico.

Schwarz – nero – parte con un arpeggio al piano e i sussurri di Lindemann e funge da perfetto sequel di Zeit; epica eppure calma e tranquilla, rilassata come un guerriero prima dell’ultima battaglia, la chitarra di Kruspe scandisce marziale i tempi, sostituito poi da una ripetizione dell’arpeggio iniziale, celestiale e cristallina in contrasto col tema trattato. Elettrica e arabeggiante, quasi un brano dance estivo, Giftig – tossico – si muove su dancefloor esplorati dai Blutengel, conterranei dei Rammstein, e qui ritroviamo un Lindemann divertito e sardonico come in Mutter o in Golden Shower. Simile e, dunque, forse, ridondante, è il secondo singolo Zick Zack, che fa ampio uso di comparativi relativi nel proprio incipit: lo scorrere del tempo cronologico è combattuto col silicone, col botox, fino a perdere la propria identità – il viso con cui si è nati; ci si assomiglia tutti, maschere impossibili da decomporre per i batteri del terreno. Si diviene artificio, gomma, gesso, ceramica, da rafforzare con colla, grafts, al suono di un orologio che non smette di ticchettare. Il catchy refrain è, di nuovo, in pieno stile Rammstein, stavolta sciacquati nel pop contemporaneo di Lady Gaga di Chromatica.

Il brano centrale di Zeit è OK – 0 kills, nessuna death in action – introdotto da un coro muliebre che inneggia ad un accoppiamento ohne kohndom: senza preservativo. Energica e rock old school, con qualche inserzione elettronica, OK alza la differenza di potenziale nell’album, svecchiando sonorità anni ’70 e declinandole nell’industrial dei Rammstein. Meine Tränen – le mie lacrime, magari versate per una gravidanza non voluta – è una ballad horrorifica e maestosa che ricorda Don’t die before I do; inquietante e disperante nell’alternanza di accordi wagneriana, nel dubbing estensivo della voce virile di Lindemann, potrebbe fungere ad eccellente singolo. Piu’ aggressiva, nonché piu’ prog – alcuni passaggi ricordano fortemente il recente God Shaped Void degli Psychotic Waltz – è la successiva Angst, paura, ma, di nuovo, la maggior parte dell’impatto scenografico del brano è dovuto all’interpretazione di Lindemann e all’imponente lavoro di produzione dietro la rifinitura della linea vocale.

Dicke Titten – grandi tette – è il brano piu’ divertente di Zeit. Introdotto da una marcetta da fiera, ottoni e fiati fischiettanti, il motivetto è ripreso da chitarra, batteria e basso; è la Pussy di Zeit, con la differente, però, ariosità del brano – hollywoodiano nel bridge –  e il maggior apporto pop al songwriting, molto meno incancrenito su se stesso come accadde in Die Liebe ist fur alle da. Dicke Titten è un inno, sostanzialmente, alle grandi tette, bene dell’umanità ma soggetto tristemente alla gravità – e al tempo, che agisce insieme alla forza d’accelerazione terrestre nel causarne il tracollo verso il centro del pianeta. Lugen, bugie, è il penultimo brano di Zeit. Delicata lullaby che esplode in un wall of sound senza riposo, vede un’originale linea vocale sussurrata, a là Nick Drake, spietata enumerazione delle bugie raccontate da un’amante, da un’amica, da un fedele; le contaminazioni pop qui, presenti come esteso utilizzo di aututone, assurgono ad una valenza fortemente simbolica. Una voce falsata non può dire verità, ma solo bugie.

Zeit si chiude con la maestosa Adieu, epico commiato che suona come un brano AOR, di cui rispetta pause, cambi di tonalità e fraseggio: ed essa si interrompe all’improvviso. Un evento innaturale, come l’impedire lo scorrere del tempo cronologico.

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Superiore a Rammstein per songwriting, produzione, fruibilità e tematiche, Zeit rientra nell’olimpo dei migliori album della band tedesca assieme a Reise, Reise e Mutter; l’esistenza di un concept capace di esplorare tematiche adulte, mature, normalmente demandate ad altri media artistici, già collaudata con Rammstein, è con Zeit portata ad un livello superiore. L’apparente semplicità del tema – il tempo, nelle sue implicazioni e declinazioni – è intelligentemente declinata fra l’umano e il divino, fra le bugie d’amore, la fine della vita, l’invecchiamento, i miliardi di granelli di polvere delle clessidre. Zeit è peraltro pervaso da un sentore quasi religioso assente nei precedenti album dei Rammstein, che quasi lo rende una composizione ecclesiastica e pagana, moderna e retrò.

Zeit si candida già ad uno dei migliori album del 2022.

Giulia Della Pelle
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