Siamo la generazione del “non essere mai abbastanza”

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A parlare è la generazione del non essere mai abbastanza.

La parola del giorno è Reinventarsi. Che bella parola reinventarsi, reinventarsi dopo una perdita, dopo un licenziamento, dopo una scelta sbagliata, reinventarsi in un nuovo luogo, reinventarsi per ricominciare.

La nuova moda del “reinventarsi”

Perché tutti coloro che lavorano nel mondo della cultura devono costantemente imparare a reinventarsi?

REINVENTARSI come se fosse un qualcosa di sempre poetico e dovuto al mondo. Come se essere multitasking non sia abbastanza. Come se essere specializzati in un ambito, in uno strumento, in una corrente d’arte, in uno stile e dover essere multidisciplinari per natura, non fosse già abbastanza.

Reinventarsi sì, ma non come sinonimo di “essere costretti a cambiare mestiere, a cambiare sogno”. Reinventarsi sì, ma non come un artista costretto a fare più lavori totalmente differenti tra loro solo per arrotondare e poter arrivare a fine mese.

Ovviamente, la colpa è del Covid. Tutta colpa della pandemia, di questo virus invisibile che insinuatosi nelle nostre vite ne ha preso pieno comando.

La verità è che l’Italia intera ha fallito. La cultura ha fallito. Le persone hanno fallito.

Il totale fallimento culturale

Arrivi al bivio e scegli tu se cambiare la tua vita lasciando chiaramente la tua musica, la tua scrittura, la tua arte, la tua indole e trovare un modo differente per stare al mondo o se rimanere attaccato alle tue passioni per condurre una vita disagiata.

E qui ci darete dei presuntuosi, degli arroganti, di quelli che non vogliono rinunciare a niente. Perché non vogliamo scendere a compromessi, come se il nostro non fosse un mestiere come quello degli altri, degli impiegati statali, degli avvocati, degli informatici, solo perché è “cultura”, è “musica”, è “cinema”, è “teatro” e la cultura da fuori è sempre bella, mica è un lavoro? 

La generazione del non essere mai abbastanza

Viviamo in una società che non ci tutela. La mia generazione, la famosa generazione dei Millennials, è una generazione di sfigati. La società non ci fa sentire di essere mai abbastanza. Ci ha inculcato l’ansia di fare in fretta, di ottenere quanti più attestati possibili, di non fermarci mai e noi come automi proseguiamo i nostri studi senza arrivare all’obiettivo finale pur terminandoli.

Ci avete insegnato a prendere una laurea. Una triennale in tempo, non fuori corso. Una magistrale con lode, sennò stanno tutti più avanti di te. E poi? E poi se non prendi un master in una di quelle grandi università private, non sei abbastanza. Tutti sono migliori di te. E poi dopo il master?

E dopo il master devi fare uno stage, non pagato, ma per lo stage vengono richiesti anni di esperienza o sei troppo vecchio, dopo i 25, perché ci saranno sempre i neolaureati 23enni. Questa società definisce chi siamo in base a ciò che abbiamo ottenuto, ai titoli di studio raggiunti.

generazione

Gli stagisti a casa nel 2020

Come si fa esperienza nel mondo di oggi? I tirocinanti, sempre non pagati, oggi, nella maggior parte dei casi, non possono essere assunti, vuoi perché ci sono ancora dipendenti in cassa integrazione, vuoi perché non ci sono abbastanza posti “fisici” in azienda, in galleria, in studio, tali da consentire le misure di sicurezza, vuoi perché c’è lo smartworking e uno stagista senza esperienza difficilmente può imparare qualcosa da casa, lo stagista oggi rimane a casa. 

Non c’è spazio per la creatività

Ci avete tolto tutto. La voglia di fare, di imparare, di metterci in gioco, la speranza di poter fare qualcosa in cui si crede, il desiderio impellente di essere indipendenti, la possibilità di avere idee. Smettetela tutti di parlare di creatività, non ci permettete di essere creativi, avete lentamente ammazzato la creatività e il mondo delle idee.

Questa società non ha rispetto per la passione, per la musica, per l’arte, per i libri. Siamo destinati alla precarietà, al dover desiderare il famoso posto fisso. Ci state dimostrando ogni giorno, sempre di più, che le scelte più facili sono le migliori.

Oggi pare che occorra studiare la strada più semplice per arrivare ad avere un posto fisso e poter arrivare serenamente a fine mese. Aveva ragione Zalone, aveva ragione la nonna.

La storia, la ricordate?

Poi mi fermo un attimo a pensare e mi chiedo, ma voi, quando avete studiato un libro di storia contemporanea, quando pensate al passato, li citate i Beatles? Ci pensate a Freud? Ve li ricordate i romanzi, i grandi classici collezionati con le uscite del Corriere?

La vecchia generazione che tanto lamenta di non trovare più la bellezza che c’era un tempo, che critica la musica indipendente e l’editoria indipendente e il cinema indipendente, ci pensa mai a come stiamo vivendo?

Cosa consegnerà questa Italia alle generazioni future se la generazione odierna non può svolgere il proprio lavoro? Sì, Van Gogh era povero. Davvero pensate che nel 2020 dovremmo essere tutti piccoli Vincent?

Manifesto di morte della signora Cultura

Se scrivere deve essere un semplice hobby, se la filosofia deve spettare solo ai grandi docenti, se la musica deve essere un passatempo per intrattenere una serata, allora occorre dichiarare la morte della cultura in Italia.

Basterebbe ammettere che non esiste e che è soltanto un intrattenimento. In questo paese di cultura non si campa. Io venticinquenne devo rinunciare già oggi alle mie aspirazioni senza nemmeno aver avuto il modo di fallire.

E per questo, siamo arrabbiati. Tutti. Dateci questa possibilità di fallire. Di capire davvero cosa vogliamo fare della nostra vita. Oltre a passare le giornate a mandare CV che non saranno visualizzati.

Giusy Esposito
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1 commento su “Siamo la generazione del “non essere mai abbastanza””

  1. Vivi , non permetterea nessuno di farti cambiare perché sei speciale, la vita è dura ma per te mirifica vita haustus,baci tesoro.

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