Alla veneranda età di 70 anni Geoffrey Rush può vantare di essere considerato uno degli attori più popolari nel suo Paese d’origine (l’Australia) nonché uno dei più eccelsi che il mondo del cinema abbia mai concepito.
Nel corso della sua carriera Geoffrey Rush ha vinto il Premio Oscar per l’interpretazione di David Helfgott nel film Shine del 1997, un Tony Award, un Emmy Award, tre BAFTA Award, due Golden Globe e quattro Screen Actors Guild Awards.
Pirati dei Caraibi, 2003 – 2017
È pur vero che la colonna portante di tutta la saga è sempre stato Johnny Depp, senza il quale Pirati dei Caraibi non sarebbe stato (e sarà) lo stesso. Ma cosa succederebbe se ad un treppiede venisse tagliata non uno ma ben due piedi? Sì perché Geoffrey Rush, o meglio Barbossa, è stato l’altro pilastro, una presenza costante su cui fare affidamento.
Rappresenta il lato oscuro di Jack Sparrow, di cui è il principale antagonista, sebbene qualche volta si sia presentato come un alleato e con il tempo si sia fatto apprezzare dal pubblico. Confidente, persuasivo, astuto e spietato, Hector Barbossa è sicuramente conosciuto come uno dei pirati più smaliziati e arditi dei Caraibi.
Il suo non è un personaggio coerente e costante con sé stesso. Nel primo film rappresenta l’antagonista principale della storia, uno spietato pirata che cerca disperatamente di liberarsi della maledizione di cui è schiavo. Nel terzo film, dopo essere stato resuscitato dalla sacerdotessa voodoo Tia Dalma, diventa una sorta di mediatore che cerca di mettere d’accordo i nove pirati nobili per affrontare il nemico comune: Beckett. Nel quarto film, Barbossa diventa un corsaro della marina inglese al servizio di Re Giorgio II con l’unico scopo di vendicarsi di Barbanera.
Nel quinto film della saga, infine, Hector è diventato un pirata molto ricco e potente che si ritrova al comando di una flotta composta da oltre dieci navi e che è disposto a tutto pur di salvare i propri affari. Tuttavia, alla fine del film, Hector, nell’atto eroico di salvare, a costo della propria vita, la figlia, che dopo la morte della moglie aveva abbandonato in un orfanotrofio, si dimostra essere una persona premurosa e sentimentale.
Il discorso del Re, 2010
Per la sua interpretazione al fianco del protagonista, un Colin Firth sempre evergreen, Geoffrey Rush è stato premiato con il BAFTA nonostante avrebbe meritato qualcosa in più.
Com’è facilmente intuibile dal titolo, si tratta della storia vera del Re Giorgio VI, padre della Regina Elisabetta II, mentre il discorso si riferisce a quello pronunciato alla nazione per annunciare la dichiarazione di guerra alla Germania e quindi l’ingresso del Regno Unito nella seconda guerra mondiale.
In realtà, Giorgio VI non era destinato a diventare Re, in quanto secondogenito di Giorgio V. Ma suo fratello maggiore, per amore di un’americana già divorziata, decise di abdicare poco dopo essere salito al trono.
Giorgio VI era però affetto da una particolare condizione, la balbuzie, e per questo aveva dovuto ricorrere all’aiuto di numerosi logopedisti, che però spesso si rivelava fallimentare.
“In passato ad un re bastava apparire rispettabile in uniforme e non cadere da cavallo, ora dobbiamo invadere le abitazioni del popolo per ingraziarcelo. Questa famiglia è stata ridotta alle più basse e spregevoli di tutte le creature. Siamo diventati attori.”
Qualcosa cambia però quando sua moglie Elisabeth (Helena Bonham Carter) si rivolge a Lionel Logue (Geoffrey Rush), esperto dei problemi del linguaggio. I suoi metodi poco ortodossi ed insoliti saranno non poco d’intralcio al loro rapporto. Dopo aver preteso confidenza e fiducia e alcuni fraintendimenti, Logue si rivelerà per quello che è: un attore fallito, e non un medico.
A pochi giorni dall’incoronazione però le sue tecniche sono le uniche ad aver portato dei risultati e Giorgio VI non può più farne a meno. Il suo aiuto si rivelerà essenziale anche per la buona riuscita della dichiarazione di guerra alla Germania, trasmessa in radio, che si trasformerà in un vero successo.
Storia di una ladra di libri, 2013
Adottata all’età di nove anni, Liesel vive con i genitori in un quartiere operaio in Germania. Testimone del nazismo, la ragazza trova conforto nei libri che ruba per imparare a leggere. La vicenda è narrata dalla Morte, che racconta come si senta misteriosamente affascinata dagli esseri umani e si prenda perciò l’impegno di osservare, di tanto in tanto, la vita di qualcuno di loro. Geoffrey Rush interpreta proprio il padre adottivo della bambina.
La migliore offerta, 2013
Pur avendo fatto incetta di premi, il film che vede protagonista Geoffrey Rush non ha premiato la sua magistrale interpretazione.
“In ogni falso si nasconde sempre qualcosa di autentico.”
Ci sono tre fila parallele che muovono la trama del film: l’arte, il mistero, e l’inganno.
Geoffrey Rush è diretto da Giuseppe Tornatore quando nel 2013 interpreta i panni di Virgil Oldman, un richiestissimo battitore d’aste che, con la complicità dell’amico di vecchia data Billy (Donald Sutherland), riesce a impossessarsi a basso costo di tele dal valore inestimabile. Ossessionato dalla figura femminile, nel corso degli anni ha raccolto una collezione impressionante di ritratti di donna custoditi gelosamente in una stanza segreta della sua casa, dove ammira quotidianamente quei volti, i quali rappresentano l’unico rapporto sentimentale di una vita sacrificata agli affari.
Quando gli viene chiesto di valutare le opere d’arte di una donna, Claire (Sylvia Hoeks), che comunicherà con lui esclusivamente attraverso brevi e ambigui colloqui telefonici, senza farsi neanche vedere, ne farà la sua nuova ossessione.
“Allora non sono la prima, ne hai avute altre di donne.”
Sì, le ho amate tutte e loro hanno amato me. Mi hanno insegnato ad attenderti.”
Un film che ha quindi del drammatico, con la giusta dose di suspense che rimanda alle atmosfere di Hitchcock, e che segue le dinamiche del thriller a dimostrazione di come Giuseppe Tornatore riesca a mettere in atto storie e scene ad effetto, in grado di lasciare gli spettatori con il fiato sospeso fino alla fine.
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