Sundown è il nuovo film di Michel Franco, presentato in concorso alla 78° Edizione del Festival del Cinema di Venezia e in Italia distribuito da Europictures.
Sundown, film diretto da Michel Franco, vede al centro del racconto Neil (Tim Roth) e Alice Bennett (Charlotte Gainsbourg), eredi di un’impresa operante in Inghilterra nella macellazione delle carni, stanno trascorrendo una piacevole vacanza in uno splendido villaggio a cinque stelle ad Acapulco insieme a Colin ed Alexa, gli adolescenti figli di lei. L’esclusività del posto fa si che la famigliola goda degli aspetti positivi del Messico (clima, giornate trascorse sorseggiando Margarita in piscina e cenando accompagnati dalla musica messicana…).
La spensieratezza del soggiorno messicano finisce quando Alice riceve la notizia della morte della mamma e quindi sono costretti a ritornare in fretta e furia in Gran Bretagna. All’aeroporto Neil, però, finge di aver dimenticato il passaporto e promette ai suoi familiari di prendere un volo successivo non appena avrà recuperato il passaporto.
In realtà l’uomo non torna nemmeno al villaggio e non ha bisogno di cercare nulla perché quella del passaporto smarrito è stata solo una scusa per non tornare a casa nonostante il lutto che ha colpito la famiglia. Si fa invece accompagnare in un infimo hotel della città, dove passa le giornate in spiaggia seduto su una sedia di plastica bevendo birra. Nel mentre la sorella continua a chiamarlo e a mandargli messaggi chiedendogli come mai ancora non sia ancora partito; inizialmente Neil trova varie scuse e poi smette di rispondere. Continua ad oziare sulla spiaggia e inizia una storia con Berenice (Iazua Larios), una ragazza del posto.
Per tre quarti del film Sundow le ragioni del comportamento di Neil non vengono esplicitate; ma sembrerebbero dettate dalla voglia dell’uomo di allontanarsi dalla famiglia, incurante di tutto. Poi verso la fine del film l’escalation con l’arrivo di Alice e le sue drammatiche conseguenze e la spiegazione dell’indolente e assurdo comportamento di Neil.
Se dovessi riassumere in una parola la sensazione suscitata dalla pellicola di Michael Franco, direi incompiutezza.
Peccato perché la storia di Sundown, che racconta un uomo che decide, in seguito ad accadimenti precisi che non voglio spoilerare, di trascorrere il resto della sua vita in un luogo a lui completamente estraneo e assolutamente diverso da quello da cui proviene, avrebbe potuto essere trattato con una maggiore profondità.
E sono assolutamente d’accordo con Paul Byrnes del Sunday Morning Herald che si è chiesto per quale motivo fosse necessario utilizzare un trucco narrativo per raccontare la storia di Neil. (Qui la recensione completa).
Il trucco narrativo consiste non solo nel fatto che le vere motivazioni di Neil vengono rivelate solo alla fine, ma anche perché per tutta la parte iniziale del film, sembra che Neil ed Alice siano marito e moglie. C’è da dire che qualche indizio il regista lo aveva seminato: mi riferisco alle immagini di suini, pesce crudo, cibarie, presenti in diversi momenti del film. Ma che si trattasse di indizi lo capiamo solo alla fine.
L’interpretazione del sempre efficace Tim Roth, perfetto nel ritrarre un uomo stanco, indolente, apparentemente indifferente al dolore dei suoi cari, non basta a salvare una pellicola che è fondamentalmente un’occasione sprecata.
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