Il Grande Lebowski, perchè non verrà mai dimenticato

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Compie oggi 66 anni il regista, produttore e sceneggiatore americano Joel David Coen, nato a St. Louis Park, nel Minnesota, il 29 Novembre del 1954.

In occasione del suo compleanno abbiamo riguardato “Il Grande Lebowski”, il film più conosciuto del “regista a due teste”, come lui e suo fratello Ethan vengono definiti nell’ambiente hollywoodiano.

Registi eclettici e originali, fin dai primi lavori manifestano una certa verve decostruttiva del linguaggio cinematografico allora imperante. In “Barton Fink- E’ successo a Hollywood” (1991), ad esempio, la storia, incentrata su un talentuoso sceneggiatore teatrale costretto a scrivere un film sul wrestling, è un puro McGuffin per portare in scena situazioni surreali, al limite dell’onirico.

Come solo i grandi autori fanno, nel corso degli anni e pur nel miglioramento dei mezzi a loro disposizione, non hanno rinunciato al loro modo di raccontare: la trama ne “Il grande Lebowski”, quindi, rimane perciò piuttosto lineare, incentrandosi sul presunto rapimento della giovane moglie di un miliardario, in cui si trova coinvolto, per l’omonimia con il miliardario stesso, un disilluso ex-sessantottino, il “Drugo” Jeffrey Lebowski.

il grande lebowski

Anche qui tuttavia la storia è un semplice pretesto: il vero interesse dei due registi è quello di essere i Fulci d’oltreoceano, terroristi dei generi che li distruggono dall’interno e li usano per veicolare la loro visione.

In primis, ne Il Grande Lebowski, in quello che dovrebbe essere un noir ogni stereotipo è sovvertito:   

  • il protagonista (interpretato da un indimenticabile Jeff Bridges), che solitamente in questo tipo di film è un abile investigatore, in questo caso è l’uomo “più pigro di tutta la contea di Los Angeles, il che lo mette in competizione per il titolo mondiale dei pigri”;
  • la spalla del “detective” (John Goodman, attore feticcio dei Cohen) è un ex-marine che ricorda  continuamente il periodo trascorso in Vietnam, a parodia dello shell-shocked soldier;
  • i rapitori sono una banda di idioti (e Flea);
  • perfino la voce fuori campo a un certo punto entra in campo, e veste i panni di un improbabile cowboy che instaura surreale conversazioni col Drugo

In secondo luogo la trama, pur semplice nel complesso, prosegue per cortocircuiti ed equivoci raccontati in sequenze divenute cult. Solo per citarne alcune:

  • La scena iniziale, in cui due picchiatori si presentano a casa del Drugo a causa di uno scambio di persona e gli pisciano sul tappeto;
  • La scena dell’interrogatorio ad un ragazzino delle medie, accusato di aver rubato il milione di dollari che doveva servire da riscatto per la moglie del miliardario;
  • La marmotta (non dico altro, vedrete)

Il film è inoltre ricco di riferimenti alla controcultura americana degli anni ‘60-’70; il Drugo infatti:

  • E’ un fan dei Creedence Clearwater Revival, infatti quando denuncerà la scomparsa della sua auto specificherà che all’interno vi erano alcune cassette della band
  • Ha fatto parte dei Seattle Seven, un movimento pacifista che si opponeva all’intervento americano in Vietnam
il grande lebowski

Da ultimo il film, se visto sotto una certa ottica, veicola una certa visione degli Stati Uniti, attuale anche a più di 20 anni di distanza: durante il loro primo incontro, infatti, l’omonimo miliardario Jeffrey Lebowski apostrofa il Drugo con uno sferzante “gli sbandati hanno perso, faccia come i suoi genitori, si trovi un lavoro”: è lo scontro generazionale tra un saldo conservatore e un disilluso progressista, che sono simbolicamente uniti dal loro nome, quasi fossero facce della stessa medaglia.

Con la speranza di tornare presto in sala per il prossimo lavoro dei Coen, vi consigliamo di recuperare questo capolavoro, e che possa essere l’inizio di un viaggio attraverso la filmografia di questi due originalissimi cineasti.

Ottavio Napolitano
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