Essi Vivono: il Manifesto di Carpenter [Recensione]

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Introduzione
Nel 1988 esce nelle sale Essi Vivono, il Manifesto di John Carpenter; il film funge da un lato da vera e propria dichiarazione di intenti, dall’altro lo fa in maniera diretta e senza alcuna edulcorazione, in modo, appunto, manifesto; se, infatti, in film come 1997: Fuga da New York, la vis polemica è in un certo senso “mascherata” in quello che è fondamentalmente un action-movie, in Essi Vivono ogni retorica è eliminata, e attraverso gli occhi del protagonista noi condividiamo la visione del regista.


La trama
Nel contesto di una grave recessione che ha colpito duramente gli Stati Uniti e ha determinato un aumento del tasso di disoccupazione, il nostro protagonista, John Nada ( il signor nessuno, non a caso) viaggia dal Colorado a Los Angeles per cercare un nuovo impiego; trova lavoro in un cantiere e si stabilisce in una comunità di senzatetto chiamata Justiceville, sorta nei paraggi di una chiesa. La notte in cui questa comune viene sgomberata dalla polizia, Nada trova degli occhiali da sole che gli offriranno un nuovo punto di vista.


Analisi
Al netto di una trama tutto sommato semplice, sono numerose le prospettive con cui Essi Vivono può essere analizzato: in chiave filosofica è ad esempio una rielaborazione del mito della caverna di Platone: il nostro John Nada non è altri che il primo schiavo che riesce a liberarsi, a scappare dalla caverna e a vedere le cose per quelle che sono, e non solo come le ombre che gli vengono presentate: gli occhiali da sole sono lo strumento della liberazione, ma, proprio come nel mito, è difficile farli accettare agli altri; infatti quando il protagonista li offrirà al suo collega Frank (Keith David) lui si rifiuterà di indossarli; il litigio e lo scontro che nasce tra i due è uno dei più lunghi della storia del cinema (circa 8 minuti) e nella coreografia richiama fortemente quello tra John Wayne e Victor McLaglen nel film Un uomo tranquillo (1952).


La stessa scelta degli occhiali da sole è peculiare e potrebbe non essere casuale: Carpenter avrebbe potuto scegliere qualsiasi altro tipo di occhiali per “aprire gli occhi” ai suoi personaggi, perché proprio degli occhiali da sole? Forse perché solo non essendo abbagliati dalla società dei consumi se ne possono riconoscere le criticità. Probabilmente stiamo sovrainterpretando, ma nessuno ci vieta di farlo.
Anche il casting è peculiare: Roddy Piper, ex wrestler, venne scelto da Carpenter non tanto per talento o prestanza fisica (in questo senso anche il suo attore-feticcio Kurt Russell sarebbe stato adatto allo scopo), ma in quanto semi-sconosciuto: questo, prevedeva il regista, avrebbe aggiunto verosimiglianza all’intera opera.

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Contesto cinematografico
Una panoramica sulla produzione hollywoodiana di quegli anni ci aiuta a calare l’opera nel suo contesto: Carpenter non è infatti l’unico cineasta che nella seconda metà degli anni ’80 utilizza il mezzo cinema per mettere alla berlina la società dei consumi e l’edonismo reaganiano; ad esempio, solo l’anno prima, nell’87, era uscito Robocop di Paul Verhoeven, altrettanto incentrato sulla critica al capitalismo (gli spot pubblicitari che si vedono nei due film sono quasi sovrapponibili) e su uomini d’affari mostruosi quanto e più di quelli di Essi Vivono, e invece nell’83 e nell’86 uscivano Videodrome e La Mosca di David Cronenberg, in cui già sono espressi i tòpoi cinematografico del segnale di controllo inviato per mezzo delle televisioni (Videodrome), e quello dell’uomo d’affari interessato solo al profitto (ne La Mosca incarnato dal personaggio di Stathis Borans) che finisce sempre per dimostrarsi più malato e raccapricciante del mostro vero e proprio.


La fortuna
Echi e rimandi a Essi vivono nella produzione cinematografica successiva possono essere trovati ad esempio in Fight Club (1999) di David Fincher, in cui la la furia iconoclasta di Tyler Durden non può non ricordare quella di John Nada, mentre l’idea di un’umanità che deve risvegliarsi e ribellarsi allo sfruttamento è declinata in chiave cyberpunk in Matrix (1999) delle sorelle Wachowski.


Stile e linguaggio
Essi vivono è un film dalla messinscena semplice, che non punta a stupire lo spettatore, non vuole “abbagliarlo” in nessun modo: è un film asciutto, che ci vuole più concentrati sul significato che sul significante. Perciò Carpenter opta per una regia caratterizzata da pochi, ben calibrati movimenti di macchina (perfetti, ad esempio, i carrelli a seguire e molto azzeccato l’uso della macchina a mano nella scena dello sgombero di Justiceville, per restituire il senso di oppressione dei personaggi) e predilige una macchina fissa per la maggior parte del tempo.
Interessanti sono però alcune scelte diegetiche: durante la prima notte passata al campo profughi, Nada vede una televisione accesa attraverso una finestra: è abbastanza vicino per vedere il programma televisivo, in cui una giovane donna sta parlando, ma non dovrebbe poter sentire, è troppo distante; Carpenter compie però la scelta di farci sentire le parole in maniera chiara, con una scelta extradiegetica interessante, e che veicola un duplice significato, da un lato la pervasività dei mezzi di comunicazione, dal cui messaggio è difficile emanciparsi, e dall’altro la banalità nel messaggio degli stessi, in quanto probabilmente Nada, pur non sentendo quello che la donna dice, riesce a immaginarlo senza difficoltà.


Essi vivono: cosa ci lascia?


“Incredibile: siamo governati da teste di morto”. E’ probabile che non tutti apprezzeranno il messaggio del film, che ad alcuni potrebbe risultare perfino vittimistico o inutilmente provocatorio; ciononostante, ad Essi Vivono va riconosciuto il merito di esprimere in maniera potente la necessità di analizzare a fondo la realtà che ci circonda, di non restare addormentati in balia degli eventi, e di non lasciarci abbagliare dalle apparenze.

Ottavio Napolitano
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