Daniela Pes live al Ment a Lubiana, 23 febbraio 2024: live report

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Daniela Pes, reduce da un tour italiano, si è esibita al Ment Festival di Lubiana il 23 febbraio del 2024 proponendo brani dal suo recente album, Spira.

È una serata piovosa a Lubiana, già una delle città più piovose d’Europa. Il castello, adagiato su una collina che sorveglia la Ljubljanica, si intravede appena nella nebbia. Il sole è sparito da tempo dietro alle alpi di Kamnik, catena montuosa a circa 20 km dalla capitale slovena, già scarsa la neve ad occupare le sue vette.

È nella cornice del castello di Lubiana che si svolge parte degli eventi del Ment, festival di musica indipendente fra i più famosi ed influenti d’Europa: fra gli altri, l’italiana Daniela Pes, cantautrice rivelazione del 2023, col suo album Spira, uscito in aprile. Il successo di Spira, sebbene limitato a pochi amanti della buona musica, è stato immediato: la critica tutta, me inclusa, non ha potuto nascondere il proprio stupore verso quel lavoro stranissimo, di soundscaping folk ma cantato in gallurese, ad opera di un’artista mai sentita nominare prima – se non per quel premio Andrea Parodi, ma a chi interessa se non a noi giornalisti? Eppure, a volte, il mercato musicale sa essere meritocratico. Se non l’effettivo ritorno economico, per quel briciolo di gloria che inseguire i propri sogni. Quei critici musicali che alcuni amano, ma che quasi tutti odiano. Una scintilla che innesca una carriera, uno stile di vita, un lavoro vero – un lavoro vero, avrebbero detto i benpensanti.

E dall’Italia, quel paese che di musica ne ha prodotta tanta, tantissima, indimenticabile – da Verdi a Donizetti, da De Andrè a Giorgio Moroder –, ben pochi sono i musicisti che riescono ad evadere: lo stivale, una volta verde ma ora grigio di smog e giallo d’erba secca, ha una gravità propria, è un buco nero in cui le logiche del mercato estero non si applicano, ed i gusti del pubblico, del popolo, sembrano essere incancreniti nel tempo ed immutabili. Statue di marmo, ma prive della bellezza archetipica. C’è spazio per piccole variazioni sul tema: si può aggiungere qualche dinamismo europop nella nostra urban/trap, qualche virtuosismo nel nostro indie, cantante di eterni amori perduti fra birre della Lidl e dita macchiate dalle sigarette. Ma qualcuno ha saputo apprezzare Daniela Pes. Le ha dato una chance. Un album bellissimo che poi ha portato ad un tour italiano di successo. Portandola, poi, ad un tour europeo nei festival per emergenti più interessanti che il nostro vecchio mondo sappia esprimere.

È un bel festival, il Ment. Tutto scorre liscio, tutto è organizzato meravigliosamente: non c’è calca nelle venue, vista la grandissima offerta musicale proposta, che spazia dal post-punk al dream pop, dal metal al rap, e coinvolge artisti di tutta Europa ma con, ovvio, particolare accento per la proposta nazionale. È un festival per appassionati ma soprattutto per noi addetti ai lavori, perché il bello, perché la speranza, perché il talento, non restino nascosti. Come nel nostro, vecchio, stanco, povero, paese.

In perfetto orario, Daniela Pes va alla sua postazione di synth e campionatori, e introduce il suo lavoro con Carme, uno dei brani più apprezzati di Spira. Forse, live, è ancora un po’ acerba, ancora emozionata. Eppure, è evidente come sia innamorata della sua musica, tanto originale quanto difficile da inquadrare. È musica sibillina, nel suo essere incomprensibile. Un conoscente mi chiede se capisco quello che dice, sapendo che sono italiana. No, rispondo. Questo non è italiano. Potrebbe essere gallurese, ma non importa il messaggio: è musica che gioca sulle sensazioni, sulla libera interpretazione. Come l’elettronica d’autore tutta, è musica di tutti. Ciò che Daniela Pes propone è un rito collettivo, un’iniziazione ad un culto misterico – e, di nuovo, chiunque può scegliere di aderire al proprio personalissimo credo. A patto che ci si trovi su una spiaggia solitaria, quella di Illa Sera; che l’accolito faccia pace col fatto che quel mistero, fulcro della musica, non sarà mai rivelato e sempre oscuro – nero, parola tanto comune in Spira – rimarrà; che la terra da esplorare sarà arsa d’estate, gelida d’inverno, e che il suo folklore è ferino e terribile per chi viene dal continente principale. Che un’energia arcaica permea ogni atomo d’aria. La fusione di elettronica, ipnotica nelle sue ripetizioni e leggerissime variazioni sul tema, ed intelaiature folk, è particolarmente sorprendente da ascoltare live, così come lo è la punta di diamante di Spira, A Te Sola. Purtroppo, accorciata per mancanza di tempo e lievemente riarrangiata per supplire alla mancanza della band intera. La voce di Daniela Pes è solo uno strumento, sebbene il principale: distorce la propria voce, la sovrappone, gioca con l’intensità, fra sussurri e grida. A Te Sola è un requiem per una donna mai conosciuta, amata solo nei sogni e forse mai esistita. Eppure, tanto reale per il sognatore di Spira. Che, accorato, la chiama, nell’ipnotico e angosciante finale del brano, e, purtroppo, del concerto.

Daniela Pes e il Ment Festival hanno un chiaro intento comune: il dimostrare che si può e si deve ancora fare arte per arte, non solo per commercio; che c’è, là fuori, chi può e riesce ad apprezzare, chi ancora è in grado di vibrare a frequenze non comuni, e che è in grado di creare qualcosa di unico, di bello, ricolmo di speranza.

Giulia Della Pelle
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