Jalitah, Paolo Angeli e Iosonouncane incontrano i loro mondi [Recensione]

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Jalitah si muove nella polivalente forma di un EP che si spinge verso la dimensione riproduttiva e di lunghezza di un disco, ma potendolo definire come un vero e proprio esperimento sonoro che va al di là di comuni confini e stereotipi di genere.

“Jalitah”, infatti, non si muove in un corrispettivo identitario di genere popular ma rappresenta una suite sonora nella traduzione slegata di trasporto emotivo, di un flusso di pensieri musicale e nel solco della grande sperimentazione italiana del prog rock. Si tratta, infatti, di quei prodotti di unicum sovrageneri che nascono da esigenze e da esperienze che come costellazioni si uniscono in punt comuni.

“Jalitah” che prende la forma di un concept dell’incontro “mistico” tra Iosonouncane e Paolo Angeli, anime sarde trapiantate a Bologna e poi in quel mondo senza bandiere di etichette, che si incontrano per rendere omaggio sia a una tradizione antichissima, quella della musica sarda e del “cantu a chiterra” ma con uno sguardo e una proiezione verso l’avanguardia di suon.

I due artisti rappresentano la fusione di mondi molto più vasti che oltrepassano il tributo alle orgini sarde, mondi che vanno dalla contaminazione con noise folk, jazz, giri di corda di flamenco ma anche il calco dell’elettronica di Iosonouncane, pseudonimo di Jacopo Incani, forte della sua poetica fatta di campionature e loop station.

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Il disco è stato registrato durante il tour del 2018 dei due compositori, turnèe che aveva debuttato nel 2017 dopo una breve permanenza milanese e all’interno del cartellone del Linecheck.

 La composizione Jalitah raccolta durante quel tour estivo, toccando vari festival si snoda in nove tracce registrato da Azzurra Fragale, uscirà per AnMa Productions e Tanca Records.

“Jalitah”, rappresenta geograficamente l’ubicazione di quell’arcipelago che si trova tra Sardegna e Tunisia e iconicamente rappresenta proprio l’incontro multietnico che travalica confini storici per diventare suono di tribù senza tempo. Questo disco racconta il fragore trascendentale dell’incontro tra due mondi e due anime, quello di Iosonouncane, che nei suoi tre album in studio (“La Macarena su Roma”, “Die” e “Ira”) ha saputo coniugare l’eredità acquisita di quel cantautorato d’autore che si muove da Battiato al Battisti di “Anima Latina” alla coniugazione elettronica e sperimentale. Dall’altro lato Paolo Angeli, compositore e chitarrista di primissimo piano oltre che etnomusicologo e ricercatore di suoni.

Il disco racconta di esperienza all’ascolto che si fa immaginario sconfinato, si parte dal cupo noise di suoni che ti risollevano dagli abissi del mare nelle prime due tracce. Nel terza traccia un chiaro omaggio a Franco Battiato e alla sua “Summer on a solitary Beach” in “Summer on a Spiaggia Affollata”, un crescendo musicale in cui la chitarra viene pizzata perdonando la profondità cupa dei primi due pezzi per mostrare il chiarore affollato di spiagge unite al coro di musica tipica sarda. Il disco mantiene il suo mood con “Andira” in cui la musica popolare dell’isola e il richiamo balcanico annuiscono a suoni elettronici e stridenti di Iosonouncane.

Con “Carne”, ritroviamo la voce a condurre un disco fino a quel momento quasi prettamente strumentale, la poesia di un testo accompagnata dalle perfette armonie di Angeli, “Galena” ci riporta sulla superficie di sconfinate lande di mare come uno stupendo canto di sirene e pizzica sarda che si perde nel suono del vento.

Armonie più aperte e suadenti nella dolcezza infinita di “Giugno”, ottava traccia del disco che si lascia andare ai mood vari dello spazio tempo del brano fino al momento di psichedelia finale. Jalitah si chiude con il brano “Nar”, dove il suono diventa più duro e più ritmato nella perdizione di spazi sconfinati, ritorna preponderante il suono delle chitarre che prende il posto delle voci per raccontarci il crescendo che ci accompagna sino al termine del disco.

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