Come ogni fine anno, la redazione di Shockwave Magazine ha selezionato 20 migliori album del 2020: dieci italiani e dieci internazionali
Il 2020 è stato un anno faticoso. Se la musica da un lato è stata strumento di unione e di fuga dalla quotidianità, dall’altro il settore ha risentito del trend negativo del lockdown nazionale e delle varie restrizioni dovute alla pandemia di covid-19. Abbiamo visto manifestazioni annullate, concerti cancellati o rimandati, operatori del settore scioperare e artisti promotori di appelli alle istituzioni per arginare un disagio crescente nel mercato musicale.
Tuttavia, non sono mancate le uscite discografiche. E noi abbiamo voluto regalarvi i nostri 20 migliori album dell’anno, rigorosamente in ordine alfabetico.
20 migliori album | 10 italiani
Che vita meravigliosa di Diodato
Che vita meravigliosa è un disco nostalgico e malinconico, ma anche riflessivo e consapevole. Un album che rispecchia l’essenza di Diodato un artista sincero e coerente, intimo ed intenso, mai uguale a sé stesso. Il suo romanticismo confidenziale ed elegante, trasuda bellezza. Perché di bellezza si tratta quando si ha a che fare con un’anima nobile e una voce limpida come quella di Diodato che se non si tratta di perfezione, si avvicina molto.
Cinema Samuele di Samuele Bersani
Cinema Samuele è un album confortevole e raffinato, un abbraccio necessario e inderogabile, una luce in fondo al tunnel. C’è l’attenzione ai dettagli, la minuzia delle parole e la cura degli arrangiamenti. Ogni cosa si intona perfettamente con i testi profondi e avvolgenti, la sua ironia tagliente e intelligente è acqua nel deserto, la sua arte è un punto di riferimento inesauribile.
Cip di Brunori Sas
Cip è un album in cui il mondo e la sua visione sono al centro di questo racconto poetico e disilluso al tempo stesso. Un disco, forse un po’ al di sotto del precedente, che tuttavia cerca di trovare dentro noi stessi un via d’uscita da tempi che continuano a sbatterci in faccia le nostre piccole e grandi sconfitte lasciando però sempre aperta una porta alla versione migliore di noi.
Dente di Dente
Dente è un album che rimette in pace Giuseppe con il suo pseudonimo ed allo stesso tempo riporta vicino al palco tutti quelli che sono cresciuti ascoltando i bellissimi album scritti da Dente nei suoi primi dieci anni di carriera, è un nuovo capitolo di una storia ancora tutta da raccontare.
Doomood degli Ottone Pesante
Doomood è un disco in cui ci troviamo di fronte, in un’epoca di digitalizzazione estrema, di pedali e distorsori, di synth, ad un album estremamente fisico. I suoni registrati provengono da tradizionali casse di risonanza, e sono dipendenti, fortemente, dal fiato, e, dunque, dalla fisicità del musicista: sia nelle sezioni di doppia cassa batteristica, che nei momenti più oscuri di flicorno, questo punto, fatto di sudore, non va mai dimenticato. Un unicum che merita di essere elogiato.
Ellipses Dans L’Harmonie. Lumi al Buio di Teho Teardo
Ellipses Dans L’Harmonie. Lumi al Buio è un album che rispolvera il campo letterario. In questo lavoro, il compositore Teho Teardo prende ispirazione dalla celebre “Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers”, firmata nel lontano 1751 da Denis Diderot e Jean Baptiste Le Rond d’Alembert.
I Mortali di Colapesce Dimartino
I Mortali conferma una volta di più quanto due artisti che si sono fatti strada autonomamente, nonostante le radici comuni, sappiano scrivere canzoni in grado portare l’ascoltatore in luoghi lontanissimi o parecchio nascosti dentro di loro senza per questo cedere al ritornello rassicurante o alla metafora scontata. Un disco che riporta a galla le radici ma anche le paure nel futuro, un disco che ora abbiamo voglia di ascoltare al più presto dal vivo.
Momentum dei Calibro 35
Momentum segna una decisa sterzata verso sonorità e tecniche di registrazione più contemporanee. Una sterzata che era necessaria, in un percorso ormai spendibile a livello internazionale. Il disco è un passo avanti, con l’utilizzo di tecniche digitali e molta post produzione, oltre a commistioni con generi più urbani e moderni, come l’hip hop.
Morabeza di Tosca
Morabeza è un album fatto di incontri e di mondi lontani da esplorare ascoltando e guardando fuori dalla finestra, immaginando il sole caldo dell’estate che arriverà, sognando e cercando di rilassarci. E’ la fiducia nella propria terra lontana che viaggia con noi accomunando i ricordi dei migranti di oggi e noi che ripensiamo all’Italia prima di questa crisi. È un messaggio forte, potente che ci rischiara in questo momento oscuro, dato da un’artista presente e da riscoprire.
Scritto nelle stelle di Ghemon
Scritto nelle stelle è il vero salto di qualità di Ghemon, un artista che negli anni è cresciuto e si è evoluto musicalmente. La sua onestà e la sua consapevolezza, sia personale che professionale, fanno parte di un album che prosegue il discorso ibrido del precedente lavoro. Con questo disco Ghemon ha raggiunto quella maturità artistica che ci terrà compagni per molti altri anni.
20 migliori album | 10 internazionali
Chromatica di Lady Gaga
Chromatica è però qualcosa di più complesso e profondo. In questo album suddiviso in tre atti, Lady Gaga rivela se stessa, in un viaggio introspettivo, un’autoanalisi quasi psicanalitica piena di scottanti confessioni. Il tono scanzonato dei suoi testi e della musica che l’accompagna maschera messaggi profondi con contagiosi ritmi di danza. Le tre parti si snodano leggiadre, orecchiabili e mai banali.
Eupnea dei Pure Reasone Revolution
Eupnea è un album in cui il gruppo crea una grandissima opera di commistione dei loro precedenti lavori, indubbiamente apportando innovazione ad un genere che sa regalare ancora molte gioie. Se la prima metà del disco è minimal e delicata, la seconda metà ricade in sontuose sperimentazioni jazz fusion, impennate di synth.
Fetch the Bolt Cutters di Fiona Apple
Fetch the Bolt Cutters è un pezzo di musica estremamente pregiato e singolare. La cantautrice trova il coraggio di tagliare con il suo passato musicale, mettendo in atto un processo di riscoperta stilistica che strettamente si connette con un vero e proprio processo di autoanalisi personale. La costruzione di sonorità differenti rispetto al passato, atipiche e talvolta stranianti va di pari passo con la necessità di riportare alla mente traumi del passato personale.
Heaven to a Tortured Mind di Yves Tumor
Heaven to a Tortured Mind è un album gratificante sotto ogni aspetto, dal punto di vista sia musicale che dei testi. Un disco con un appeal commerciale che strizza l’occhio ad un pubblico più maestream. Un lavoroconsiderato “una pietra miliare della nostra generazione”.
Imploding The Mirage dei The Killers
Imploding The Mirage è uno degli album dei The Killers più grandi e migliori, una collezione meravigliosamente assurda di gemme synth-rock e inni da arena. Il disco ha più colpi in canna di quanto ci si aspetterebbe da qualsiasi album a 16 anni dal debutto della band e senza arrivare alla “maturità”. Questa band rimane assurda, meravigliosamente così, come sempre.
Man Alive degli King Krule
Man Alive è una sorta di chiusura del cerchio per il cantautore. Racconta uno spaccato della società, sia politico che civile. Il disco conferma il cantante tra i nomi più interessanti della scena pop rock contemporanea.
Mestarin Kynsi degli Oranssi Pazuzu
Mestarin Kynsi si può letteralmente tradurre come l’artiglio del maestro. Questa figura incarna perlopiù il concetto di un impersonale padrone che esercita il potere e il controllo mentale sui suoi schiavi, ingannandoli e imprigionandoli in una schizofrenia collettiva. Questo è un tema caro alla band che lo ha rappresentato in tutte le sfaccettature.
Punisher di Phoebe Bridgers
Punisher è un altro importante passo avanti dell’artista statunitense, confermando il suo grande talento nel raccontare senza filtri temi delicati, come il dolore. Per la realizzazione del disco, la cantante ha utilizzato un campionamento del verso degli uccelli, una mellotron e le tecniche del backmasking, cross-fader e double tracking.
Rough And Rowdy Ways di Bob Dylan
Rough And Rowdy Ways è un grande ritorno, un lavoro che rende piena giustizia al premio Nobel della letteratura Bob Dylan; un lavoro, però, che rischia di non avere il giusto peso in un momento di affanno della musica rock e pop, mastodontico per le capacità di concentrazione sempre più ridotte, specie da dedicare a un prodotto ormai desueto, quello del long plain. Un capolavoro, insomma.
The Ghost of Orion di My Dying Bride
The Ghost of Orion è un album che probabilmente riuscirà a convincere chi non ama il doom e le sue lunghe canzoni, come nel mio caso, un album che mi porta ad approfondire la band, sperando in altri tanti viaggi. Ci porta ad affrontare un viaggio spettacolare, con tante emozioni e facendoci distrarre dalla vita di tutti i giorni.
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